Archivio per luglio, 2011

Chorus #19

Pubblicato: 30 luglio 2011 in chorus

Io non suono jazz. Non improvviso. E’ tutto calcolo, con un po’ di cuore sopra. E’ prendere un po’ di notte in prestito, spogliarla e lasciarla bianca agli occhi  ingordi dell’amore. E’ un teatrino ambulante di parole che bevono, urlano e fanno chiasso. E’ un po’ di leggendario Messico, una fuga sulle mie strade dove non passa più nessuno. Sono frontiera col vento dell’Oceano, bettole in cui osservare culi dondolare. E’ il già tutto dato, dovuto, il mistero osceno delle tue gambe. Il rimanere distante nei tagli di pietra delle vie. L’averti accanto nei davanzali tremanti dei tramonti. E’ crepare. E’ Neal Cassady fatto di benzedrina. E’ un sogno caldo nelle note di Lester Young. Non suono jazz, tesoro. Sono solo parole che come mani si aprono alle assenze.

L.

All The Things You Are

Pubblicato: 28 luglio 2011 in Musica

Ritrovarsi nel buio a fischiettare “All The Things You Are”, come se tu dormissi ancora sotto la coperta nera dei tuoi capelli e io stessi, come in quel tempo, sorpreso a guardarti nel tepore dei sogni, nel movimento delle labbra, e non volessi far rumore, svegliare i macchinari dei cieli, le leve enormi dei tramonti e delle albe, sfinire la notte con i miei passi pesanti. Rimanere così, dietro gli elementi del tuo corpo steso, alla ricerca di un dio. La verità della tua mano più della Croce sul calvario. Redenzione & jazz & amore & Bird & la tua gamba bianca arresa. Ora il tempo è finito. Scivolato nei lunghi vuoti dei risvegli. Nell’archeologìa sentimentale delle tue risate scavo la tana della mia prossima vita.

L.

Chorus #18

Pubblicato: 26 luglio 2011 in chorus

Queste case sono il mio mare. Il luogo del sogno, dei sorrisi, degli arrivi e degli addii. Lunghe spiagge di camini e cornicioni e griglie e contrabbassi di urla e ancora angoli e i pesci falena delle luci e giochi dei bambini e i pesci gatto e le nuvole alle finestre e ancora mare ingrigito e conchiglie sulla rena dei panni stesi e vento e amore risacca che ci sia luna oppure no. E’ il mare, da quassù. E’ affondare la mano, sulle tue ginocchia bianche. E’ conquista, impero, nello sgretolarsi dei vortici. E’ un’insenatura di cortili, da casa a casa, battigia solcata dai Keats e dagli Ulisse, dai Caboto e dai panettieri. E’ quello scuro ventre pietrificato in onde ansimanti asfalto. E’ profumo lontano di eucalipti nelle isole giardino delle feste lontane. Questa case sono il mio mare, l’affogare continuo e il riemergere, come legno spezzato dagli anni.

L.

Chorus #17

Pubblicato: 23 luglio 2011 in chorus

Ubriachi danzanti nell’illusione dell’amore, sulla fisarmonica delle tue gambe, affascini. La debolezza degli abeti s’inchina ai venti. Al di sotto rimane l’esplosione dei tuoi capelli neri, nella resina della notte, nella giara verde dei miei occhi, nel cantico ferroso delle automobili. Qui non c’è mare. Sai, quelle spiagge dove fermarsi stanotte per contare i naufragi, le carcasse degli oceani, per raggiungere le salate carene degli scafi. Quegli spazi alla Godard. Quegli sguardi tirati via, fra il dolore e la tua risata. E’ tutto uno scroscio d’amore, un saltimbancare con cappelli di foglia a raccoglierne il più possibile. Un incidente. Un bambino con una paletta di plastica, nel grasso ventre della vita. E’ chinare il capo sul tuo collo nel riparo ombroso della tua Bellezza.

L.

Chorus #16

Pubblicato: 22 luglio 2011 in chorus

Che disastro il via vai del sangue! I nodi dei sorrisi nella treccia dell’estate! Il vento, il vento, nella conca delle mani, materna carezza e scompiglio di madre oscura e sorridente nel buio scarno e umido dei laghi. Come sentire un canto nell’allungarsi della strada. Una quieta Bellezza nei campi chiari della bella stagione. La fiducia di una mano nello scoppio dei temporali. Che disastro l’inquietudine, la carne e i cani che abbaiano feroci. Che disastro la distanza. Gli empi vuoti e gli inciampi nei tuoi occhi. Il caldo movimento della Terra all’incedere del tuo passo. Che disastro sorreggere il mio corpo nella battaglia dei sogni! Si dorme trasfigurandosi nell’alba. La tua incredibile luce, caduta come stella.

L.

Chorus #15

Pubblicato: 18 luglio 2011 in chorus

Come un rumore di treno, dietro. Un enorme bestia d’acciaio nel buio. Un clangore di gangli di metallo sulle tue risate d’amore. Una diga che cede in una valle di pietra e scoiattoli. Una porta che si apre nel legno del tuo cuore.  Un bussare silenzioso nelle isole felici dei tuoi occhi. Naufragi. Pioggia. Chiostri illuminati di luci blu. Il tuo vestito nero a pezzi giù dalla tua spalla. Resta. Così, fermati. C’è un così grande mare di luci nella solitudine, laggiù, dei campanili. Resta. Il suono della sconfitta è ancora lontano. Rimani, nel voltarsi e rivoltarsi degli sguardi. Nella scoscesa follìa dei prati. Nelle tue parole, educate come aquiloni. Nel ripartire giocoso della vita. Nel vuoto che scavi ad ogni tuo passo. Nell’avvicinarsi dell’Apocalisse. Smetti, per un attimo, la tua Bellezza.

L.

Chorus #14

Pubblicato: 17 luglio 2011 in chorus

Se anche crepassi sarebbe il tremore di un attimo. L’arrendersi al buio o alla luce. E poi sarebbe una risata lunga, un abbraccio alla Primavera, un rivederti, un “ciao, come stai” sotto un cielo di un azzurro impossibile. Sarebbe portare con me tutta la Bellezza che voi non capirete mai. Avere bagagli e bagagli di perle e conchiglie. Morire sarà come rovesciare ceste di biglie colorate. Un frastuono tintinnante nella cavità del cielo. Un respiro e uno sguardo, nella solitudine o nella compagnia. Non sarà più importante la tomba, la cerimonia, le lacrime o il profumo dell’incenso: sarò finalmente libero nei tumultuosi fiumi del cielo, nella discordia dei pianeti e tutto apparirà per quello che è. Solo una rosa che lotta nella pioggia, perdendo petali.

L.

Old Smith’s Blues

Pubblicato: 15 luglio 2011 in Blues

Il vecchio fabbro è morto. Il vecchio fabbro stava antipatico a tutti. Pisciava in una latta di metallo e si trascinava lentamente verso la morte. Però continuava a picchiare con quel martello. Faceva maniglie per le porte, ganci, piegava il ferro e bestemmiava. Giorno dopo giorno. Lento, arrivava, sulla sua bicicletta nera. Chiuso fra quei quattro muri, ci malediceva. E da dietro le finestre noi si malediva lui. In mezzo, gatti annoiati, uccelli e un po’ di vento. Poi si metteva il cappello di grasso blu e se n’andava. Rimanevano grumi di molle, barbagli di ferro, come se avesse seminato un campo, come se perdesse la vita ad ogni passo. Oggi è arrivato un muletto. Due sudamericani e un uomo grosso e alto stanno portando via la sua vita. L’uscita finale. Gli strappano pesanti frese come denti. Gli entrano come una baionetta calda. E’ così che funziona. I gatti sono sempre annoiati, gli uccelli si spaventano solo un po’ e l’aria è fresca. Il vecchio fabbro se la ride. Anche stamattina ha fatto bestemmiare qualcuno.

L.

Chorus #13

Pubblicato: 12 luglio 2011 in chorus

La luna è rilfessa nel vetro. Sgonfia come un pallone bucato. L’aria non sa di niente, neppure della pioggia caduta. Un valzer di “musette” suona tanto per abbellire il silenzio. Il fiume nero della notte scorre portando con sè detriti di vita, treni e una manciata di stelle, controvoglia, solo perchè non ha altro per le sue umide braccia. La linea della tua schiena è pallido ricordo. Il gancio delle nuvole sfregia il cielo. Lo swoooosh lento delle onde sulla carena della barca non è altro che Ulisse alla ricerca di Itaca. Si aspetta un’altra vita nei silenzi di fine giornata. Il rosa tuo apparire nella parata azzurra dei tuoi passi morbidi e silenziosi sul palcoscenico dell’estate.

L.

Chorus #12

Pubblicato: 9 luglio 2011 in chorus

Un altare nella notte. Una luce dall’alto nel riflesso del vetro. Un angolo di candela e brezza e pianto di cane. Un’imposta chiusa sulla tua preghiera. Un sabato sera di lunghe gambe solitarie, nude avvisaglie d’amore. Eppure non hai un fiore sotto quell’apparenza di religione. Non hai un dio, stanotte, che ti protegga. Hai solo un tetto malandato, un incrocio di legno che scruta la pioggia lontana. Il silenzio dell’alba ti leva l’abito claustrale nella grande solitudine del sole d’estate. E’ solo un’altra notte, solo una pioggia di coltelli che ti hanno graziato. Un arrotolarsi fra coperte azzurre mentre sfiancata la candela s’arrende, sfiammando.

L.

disco: “Massachusetts”, Scud Mountain Boys