Mi ero scordato della nitidezza dello strappo – della pioggia che stramazza – e le nuvole bufalo – che in ordinato disordine – s’accalcano agli angoli – della periferia insulare della città. – La possanza del verde – che s’imbrillantina di luce – alla capriola fumante delle creste. – E’ grigio ancora – il sorvolare basso di un nibbio – cacciato dalla tempesta – al rigurgito amaro – di quel poco di celeste. – E’ di allora l’occhio che scruta – la preghiera acuta – e della pupilla l’ingrasso del maggio – che sottindende speranza. – E’ di quel guardare – l’attonito vuoto di rancori – la nettezza del cielo che si sfalda al sole gentilmente – unguento fra le torri – e la carne ancora calda degli amori.
L.