Archivio per novembre, 2013

Chorus #212

Pubblicato: 26 novembre 2013 in chorus

Dove rimane quella felicità? Lo sguardo sulle cose – dall’alto – l’attesa – aprile – il suo cielo – dall’alto – Pavese aperto sul letto – il sole – diamine il sole! Quel cane che scruta le stanze – gravide di primavera – il verde delle piante che pare azzurro – un suono – un canto – un affollarsi di grida – torna – imbecille – torna – è un caos – la vita – la tua stanza – gli anni che verranno – tu lo sai? Ogni azzardo troverà il suo spazio – fra i quadri – la polvere – l’addio – lo sconcio della morte e le raggrinzite foglie. La svuotata casa sarà la tua nuova madre – quella bocca severa di sigarette e sudore – è una eco di finestre entro cui non passa più alcuna forma di vita – alcuna gioia – alcun profumo – pranzo – cena – le malinconiche tenerezze della domenica. Di tuo padre è solo l’acuto dolore – il dissolversi – il letto di Pavese – quel tamburo del legno – il suono secco dello scalpello. Dall’alto era tutto un bellissimo ritorno – una perfetta dolcezza: – muoversi da una stanza all’altra – era attendere l’amore.

L.

Chorus #211

Pubblicato: 24 novembre 2013 in chorus

E’ indispensabile il silenzio così come lo smacco della luce. Quella che tu chiami solitudine – io la chiamo rosa. Se sono muto è perchè il pozzo del mio chiostro s’è inaridito nella calura delle stagioni. Le mura non proteggono più dagli assalti delle strade. Le parole sono scagliate come frecce oltre i miei teneri bastioni. E’ necessaria la calma del buio. La mia carne si faccia ombra – come un animale tremante – si sfianchi di tenebra – dimentichi le ossa – scompaia nei freddi scoli di novembre. Zitta – diventi – liquida – assenza. Una pozza nel più fondo degli abissi. Non sbalzo gli occhi a Dio – ma li spingo nel ventre della terra. Lascio che facciano radici al riparo dal sole. Ascolto il disfacersi del mio corpo – con amorevole dolcezza.

L.

Chorus #210

Pubblicato: 17 novembre 2013 in chorus

Ascolto Max Roach – la trappola dell’amore – è scattata più volte: – si sentono le grida – la carne che si apre – le bocche – il niente che guarda dentro al niente – il fuoco – divora – annienta – annerisce – calma – tutti quei corpi – la processione – delle fiaccole – lungo i laghi – ampi – neri – che salgono al cielo e si fanno notte – catrame – caldo – sudato – sudato – bacio – mani sotto alle gonne – tempesta – solitudine – bastardo sabato sera – sotto ai lampioni – cani – vigilano – malati – pronti alla morte – come un esercito – (jazz) – ai comandi di Dio. Il tuo volto – è scomparso – si è staccato dalla tua maschera – la tenda del tuo corpo si gonfia di vento – e lascia finestre aperte – nella mia casa rosa. Max Roach!- Max Roach! – cimbali – piatti – contrabbassi – libertà – caviglie negre – tu – rossa e bianca – nell’indaffarato rito della vita. Continua – cruenta – la luna – con la sua baionetta – leggi celesti  e gravità: – quaggiù – si staccano foglie dai cumuli – come anime – come anime.

L.

Chorus #209

Pubblicato: 15 novembre 2013 in chorus

Questa pioggia addensa luci – pietre – scalini – sotto un’unica volta di buio. Raggruma l’eternità dei palazzi in una diaspora di finestre accese – un malinconico – irriverente – illuminato silenzio. Un transatlantico morente sulla schiuma degli oceani. Una lontana America – iniziata e finita – nel pessimo infortunio delle ore. Un Majakovskij sulla prua – megafono d’oro – proiettile d’argento – decomposizione – nuvola – Parigi dimenticata – morente – assassinata dall’umanità. Il fradicio della città – come un mantello – indossato sopra il tuo corpo nudo. Un riparo – mi chiedi – una parola – una stilla di lacrima – una veste che ti copra appena nella lunghezza dei passi che t’allontanano da me. Un’anfora – presto colma – sacrificata alla pioggia – incrinata come il sorriso di Dio – nella poca fede che ci rimane. Resta – anche se sei assente – ombra seduta – nel più crudele dei destini.

L.

Chorus #208

Pubblicato: 11 novembre 2013 in chorus

E’ incompreso ogni saluto – ogni gradino sceso o risalito – le rose nude che alte sfidano le notti – (la neve, la pioggia) – e rinascono. Lo strazio dei sorrisi ci rende orfani delle nostre stesse mani. Le mie – poi – spezzate come un Cristo – nel mio incedere da ragno – s’accomiatano come mendicanti. S’abbandonano alle strade come quando luglio mieteva i campi dei tuoi seni – con le lunghe lame delle mie dita. Un povero buio – il vento che sibila dalle croci dei monti attorno – dagli astri caduti nei giorni di battaglia s’accompagna a valle il fumo di una nuvola. L’uscio si svuota della tua figura e il nodo del ferro s’inchioda alla terra come un filare di cipressi. M’attardo – così – al tuo svanire.

L.

Chorus #207

Pubblicato: 9 novembre 2013 in chorus

Rimango qui con le ossa di Neruda e una verde crepa lungo il muro. Una discarica di vertebre e di tibie- qualcosa di fiorito sotto l’erba di Valparaiso – una scatola di legno abbandonata all’oceano. La mia solitudine diverge – il buio cerca gli universi – io cerco le isole dove non c’è approdo – l’anima s’incanta alla lunga distesa dei mari e appena m’incateno alle porte – nella calda speranza di una casa. Al poeta poco importa il cumulo di terra smossa – la pala – la confusione del tempo – quei fiori gettati con violenza nella bocca dell’idiozia. Tu sei come il cardo che a caso nasce fra l’erba. La tua carne ha già dato luce alle stagioni – nutrito gli uccelli – permesso al sole l’amore con la pioggia. Hai lasciato ogni cosa com’era negli ultimi giorni. Appena s’appoggia l’orecchio  sopra il petto delle pianure – s’ascolta il tuo canto. Non hai sonno – siringa – malattia: – hai quel ciliegio fiorito – dove ritrovarti ogni volta – in perenne primavera.

L.

Chorus #206

Pubblicato: 5 novembre 2013 in chorus

Tutto quello che rimane di te sono le dita di Bill Evans. La tua (sua) curva schiena si fa zolla lungo il giorno – s’apre alla notte. Attorno il vuoto calvario dei sassi sotto le preghiere dei merli. Il bianco dei canali che cedono il loro mistero alle nebbie. L’argento di una nuvola che migra verso l’alba. E’ tiepida questa campagna in novembre. Un lungo riflesso d’estate che si spegne fra i contrabbassi dei pioppeti. Sei questo mondo – una musica – un fruscìo – una danza d’animale. Un pianoforte dimenticato nel buio. La tua improvvisa allegria sotto gli applausi delle mie mani. Il bianco della tua coscia lascia accesa l’oscurità – come un cero carico di preghiera. E’ tutto immobile – fermo – il sonno – forse un’ombra di gatto – l’indecenza. E le dita – ganci – le dita – su cui appendere – sospiri di vita.

L.