Il ferro – che ci distrae dall’amore – la geometria – la pachidermica solitudine delle stazioni – sottoterra – il via vai delle persone – l’ingombro della pioggia e degli ombrelli – la folla – la maledetta folla – che s’incunea nei muri – nell’ansia grigia dei gradini – e si spinge fuori – come un’infezione – fin dentro al cielo – ricaduto – esausto – sul cemento. – Tutto questo – ci distoglie – dalla lontananza – ci precipita dove non siamo – dove i giorni delle mani – sono inabissati nei cortili e nella carne – dove sogniamo – nei millimetri degli occhi – che s’agitano – come cavie. – Ti rivedrei ancora – e sotto al tuo seno – come a un melo – banchetterei di silenzio e di ombre – come nel primo pomeriggio della mia infanzia.
L.