Archivio per la categoria ‘Blues’

Boris Ryzhy’s Blues

Pubblicato: 7 Maggio 2019 in Blues

C’è sempre un coppo di luna sopra l’altro – e sotto – una distesa di neve. – Cumuli sporchi – e neve fresca – tutta orme di cani – e ragazzini – e anziane con le sporte della spesa. – E i condomìni ruvidi – terrazzi e cerchi di parabole – l’umida bocca dei vetri – e le cattedrali che risuonano lontane. – E’ sempre maggio – di continuo – anche nel buio delle quattro – a dicembre. – Anche nelle serrature d’oro – dove tu passavi – nelle cicatrici delle scale. – Sembra che anche gli alberi – si voltino – alla notizia: – gli uccelli sono già svaniti – con quel sentore inumano – della perdita atroce. – Il tuo volto – è un lago degli Urali – solcato da una sola barca: – il lampo chiaro della luce – e la ferita dello scafo – che passa e ripassa – sull’acqua. – Si dice – nel quartiere – della tua morte – sotto ai lampioni – a notte. – Ci si ritrova tutti – la poesia e il lutto – nel gelo della primavera – mani in tasca – e il serramanico e la sua lama – nella fuga triste della sera.

L.

Lawrence Ferlinghetti’s Blues

Pubblicato: 23 marzo 2019 in Blues

Grasso che cola – la poesia – valzer – oggi – nella Baia – dove Primavera – è centenaria – fra la nebbia di Frisco – e tutti i tuoi eroi morti – la cafeteria vuota – il giradischi – Allen con la sua barba – la bottiglia di Ti Jean – il rancore di Gregory – la pistola di William – e tu alla finestra – come se le mattine fossero eterne – e le parole – e i Pater Noster – e il mondo – che sa di caramello e d’oceano – Lawrence – Lawrence – Lawrence! – Il secolo tuo – è la vittoria del socialismo – da est a ovest – la macchina verde – ha percorso ogni strada – il canto – ci trova ancora nudi – sui boulevard – Pull My Daisy – Lenny Bruce – Big Sur – City Lights – oh i gatti – si muovono – infelici – sotto le rovine del Golden Gate – e tu – se respiri – hai una campanella nell’universo – un suono azzurro – che lega questa Terra – ai cent’anni del tuo sangue.

L.

Chorus #369 (Vian’s blues)

Pubblicato: 2 agosto 2015 in Blues, chorus

Tutto troppo in fretta – ma senza codardìa: – la casa che si restringe – i fiori che appassiscono – e dentro e fuori – non si respira – se non a tratti – gli ampi cieli dove cadere ai prati – e far l’amore – e le chiuse di ruggine – dove raccogliere acquitrini – e discutere con le rane d jazz – donne – surrealtà – trombe – ottoni. – L’amico francese – che non arriva – disperso – in centinaia di bambini – e gonne – e belle gambe – ogni essere umano – (Vian) – ha sulla sua schiena – il tuo sgarbo – il genio – la tua tomba esattamente come tutte le altre tombe – che si coprono di neve – a dicembre. – Magro fantasma – ossuto già prima di deperire nelle preghiere – o nei pianti – dimenticato – perché così – il tempo sopravvive e si trasforma – e in un baleno – le pagine avvizziscono nelle corsie delle biblioteche: – alcune sanno di sale – nella risacca del mare – altre di ferro – sotto alle ciminiere – e ancora – di mazzi di fiori – che s’intravedono – blu – come le rose più rare – dei giardini di Francia.

L.

Chorus #356 (Breece D’J Pancake Blues)

Pubblicato: 11 luglio 2015 in Blues, chorus

Stasera pensavo a Breece D’J Pancake. – C’è confusione – in luglio – la strada è piena di gente – e brutte canzoni – e abiti bianchi – gambe abbronzate – zanzare – una di quelle giostre sociali – che aiutano l’umanità a bere – ad appoggiarsi sulle spalle degli amici – perché la solitudine pesa come una valigia di cartone portata da casa – e li vedi ai bordi dei viali alberati – agitarsi – e le donne si disperdono – come le canzoni di Phil Ochs – e loro – quasi tutti – hanno fiamme d’inferno che assediano i giardini – le piscine – con violenza e dolore. – Pensavo a Breece. – Al suo colpo di pistola – in corsa – su uno di quei marciapiedi crepati dal caldo – un corpo che rotola – uno come tanti – fermo nel sangue – sconclusionato – a Charlottesville – come uno di quegli animali sfortunati – gettati nel solco dei canali. – Non vale – il mio fiore – incuneato nella terra: – la radice – non ha nessuna forza – per arginare la tua fuga – Breece.

L.

Ornette Coleman Blues

Pubblicato: 16 agosto 2012 in Blues

Ci s’incammina per la solita strada. Esce del jazz dai locali. Ornette Coleman che fa a pezzi tutto il tuo amore. Piega gli ombrelli nella pioggia, ridendo come un matto. Dietro di lui una banda di hipsters fa roteare il ritmo nelle cantine del Greenwich. Non si può che fermarsi ad ascoltare, nel fumare denso della notte. Contrabbassi come treni a vapore. Il tuo braccio sotto quello di lei. Vetri appannati. Esplosioni di ritmo. Strade ricolme di nevrosi. I tuoi lunghi capelli neri, bagnati. Labbra e sassofoni. La strada eccitata di luce. Si gira l’angolo ed è solo oceano, free jazz e la tua piccola mano. Si muore, piano piano, ogni maledetto sabato sera. Il fiume, nero, dritto verso l’Inferno.

(05/03/2011)

L.

Charlie Mingus Blues

Pubblicato: 26 luglio 2012 in Blues

Riesco a vedere il grosso Mingus, dietro ai suoi occhiali scuri, sorridere e muovere il piede. New York esplode sopra l’onda dei sassofoni, negli esagitati ritmi delle percussioni, nello schiaffo dei contrabbassi, nell’urlo bop delle trombe. E’ giunta la tua ora New York: Times Square! Broadway! avenues! grattaciel! e fottuta Statua Della Libertà! Lo Hudson ribolle di jazz. Il rullo del tamburo sa di guerra già perduta. Il sipario è il tuo oceano che s’apre e inghiotte Rockefeller Plaza & la tua carie da World Trade Center & la tua pioggia di traverso & il tuo fumo & il tuo taxi giallo & tutta quella dannata neve & il tuo calore estivo & le tue foglie in autunno che muoiono senza voce a Brooklyn & New York! Ti canto dietro il cappello di Mingus che ride forte mentre affondi nella merda America risplendente di luce jazz.

(16/11/2010)

L.

Dennis Hopper’s Blues

Pubblicato: 25 giugno 2012 in Blues

Troviamo una strada – highway o strada blu – che porti diritti dal boogie rimbombante sesso di Hooker alla perdita dolorosa di Dennis Hopper – Accendiamo tutte le luci della città – Troppo buio là fuori – il riflesso argento di un’automobile muore nell’oscurità – freddamente come ghiaccio da coktail – Minou (the cat) occhieggia da dopo il tramonto con la sua scimmia del buio – Dennis è crepitato come un fuoco d’artificio nella pazzìa colorata della Vita – Cenere di libertà su di noi – BoOm BoOm – urla di John Lee, dietro ad un piano barrelhouse – e il piedino nelle calze America – Hopper che mi guarda da una fotografìa – disperato nel suo ansito di vita – che sembra chiedere “E’ tutto qui, una puttana, una droga, un cappello, una strada e poi il lungo declino fra le braccia degli amici?” – Cristo, usciamo alla luce. Dennis, John Lee & me – Ci sono strade e strade – Let’s go out tonight – Non importa se non c’è luce – se vivono tutti chiusi nella loro metallica solitudine – Dennis – magari sarai anche morto – (dead) – ma l’America è rimasta qui – Immobile – puttana – grassa – con una collana di perle e un vestito troppo corto – Muove il suo culo e pretende di essere ancora bella – Ma non è una bella scopata – Buon viaggio Billy –

(29/05/2010)

L.

Dodo’s Blues

Pubblicato: 16 giugno 2012 in Blues

Bouncin’ con Dodo Marmarosa. Si scrive a qualcuno in tutta questa nebbia padana. Così, per avere una eco, un ritorno, un sonar nel buio della sera, un “hey, ci sono, ci sono ancora, chiusa qui dentro, in questa enorme scatola di pazzìa”. Buttato nelle onde sonore del piano malato di Dodo, nell’eccitante epopea be-bop di una civiltà sepolta e ingenua, nella testa in fiamme dei geni abbandonati come cani rabbiosi su una spiaggia morente di rifiuti. Flusso e riflusso. Guardami, ti obbligo, guardami. Schiacciato fra la pressa dell’umidità e il colore giallo di una lampada. Destinato ad andarmene, presto, lontano, nella moltitudine delle anime. Quasi come un brivido, la vita. Shuffle. Passo per queste strade come un mendicante. Non si sente più nemmeno il campanile. Ovatta sulla sera, carica di vodka e pensieri. Dodo’s Bounce. E i dolori, il respiro nodoso dei tuoi capelli, il mistero delle tue gambe, il giardino in fiore del tuo corpo nell’amore, il lampo nero dei tuoi occhi, tutto, spazzato, via, da un fendente di notte e da uno stramaledetto sax. Roba da due soldi. E neppure gli occhi dell’Arte a guardare il Crocefisso perfetto delle Assenze. Brucia e passa oltre. Scuoti il nulla come una testa di un fiore e accontentati della mia Passione.

Viva, morente, erculea.

(23/10/2009)

L.

Ernest Hemingway’s Blues

Pubblicato: 10 giugno 2012 in Blues

Ernest, non sono mai stato capace d’amarti. Ci ho provato, ma probabilmente troppo poco, con poca intensità, con la testa persa nell’amore o nella solitudine. Ti ho visto sempre come un uomo interessante, abbastanza pazzo da piacermi, che ha attraversato come il fuoco tutto il legno marcio del mondo, ma ecco, lì, sulla pagina, non mi hai mai allontanato dall’equivoco della vita. Ernest, ecchecazzo. Ora scopro che sei seppellito a Ketchum, Idaho. Fra due alberi, un pietrone santo a coprire le tue ossa mortali, a interrompere un prato. Vecchio ubriacone dal grilletto facile, Ernest, che ci fai sotto la pioggia dell’Idaho? Fra i coyotes curiosi e il tubo di scarico delle Ford. A luglio nascesti, a luglio il tuo gran cervello spalmato come vino sull’inutilità del mondo. Ernest, ho solo un libro, fra molti altri libri. Aspettami. Fammi spazio a Ketchum, Idaho. Fra il grido acuto dei merli e la pacatezza austera dei larici, lasciami penetrare stanotte nella tua carne mortale. Ernest. Hemingway. Fottuto pazzo scopatore.

(07/10/2009)

L.

 

Thelonious Monk’s Blues

Pubblicato: 28 aprile 2012 in Blues

Monk entra, grosso, enorme, caracolla, sembra cadere, si guarda intorno e avvicina lo sgabello al pianoforte. 88 tasti, un duro lavoro. Nellie lo guarda da dietro una porta, amore & amore, nulla più, qualcosa fra una madre, un angelo custode e una moglie. Monk alza le dita e picchia, percuote i tasti come una vendemmia, l’arte di un raccolto, miete. I musicisti lo inseguono come metronomi in affanno, a bocca aperta, soldati in parata sotto l’ Arco di Trionfo del jazz. Nellie ha una mano sulla bocca. Ha paura che si spezzi, che finisca così, su una poltrona, comodo. Nellie non è ancora ora, Monk spezza la melodìa, tira fuori le ossa, anche le più minuscole, in un domino impazzito di note, le scaraventa nella sua barba dura, ricadono in piccole esplosioni. Bum. Ora è il sax tenore che cerca una via, accecato dai bagliori. Geme. Monk si alza. Fa un giro su se stesso. Oh, crazy man. Sembra avvicinarsi al contrabbassista. Forse gli vuol dire che no, non ci siamo, sei troppo regolare, non affondi la lama, non spezzi, non esulti. Non lo fa. Sorride. E a Nellie scende quasi una lacrima sotto quel cappello bianco. Torna allo sgabello. La bocca è aperta e gli occhi nuotano in un bianco che sa di acqua. Riprende la danza. Scherza come un bimbo. Accarezza. Non fa mai male, non può. Un inchino. Ora Monk ha terminato. Un altro inchino. Il piano giace confuso, ansima, ma non si è mai divertito tanto. Nellie lo accarezza sulle guance. Amore, andiamo, ti si è sbottonata la camicia. Andiamo, a te penserò io. New York respira lenta, Thelonious, mentre tu e Nellie vi abbracciate come ragazzini. Misterioso, misterioso Monk.

(08/08/2008)

L.