Archivio per aprile, 2012

Chorus #74

Pubblicato: 30 aprile 2012 in chorus

La luna, occhio ingordo di Dio. Realtà e luce. Giornata lunga di preghiera e di abbandono. Col profumo dei tuoi capelli a farmi da contorno anche al sogno. E i tuoi occhi come monete, portati via, nella notte, come rubando in chiesa, reliquia preziosa nella santa cerimonia della passione. Guidare su due strade e non sapere dove andare. Cercare le tue braccia e non trovarle. Bagnare le mie piante è ciò che rimane. Mantenerle in vita, dietro a tutto ciò che non riusciamo più ad essere, dietro a ciò che non siamo, appeso alle tue labbra come ad un ponte sotto cui scorre un fiume in piena. Mi fermo un momento e domani la luna sarà solo scia di metano, gas, e resistenza.

L.

Thelonious Monk’s Blues

Pubblicato: 28 aprile 2012 in Blues

Monk entra, grosso, enorme, caracolla, sembra cadere, si guarda intorno e avvicina lo sgabello al pianoforte. 88 tasti, un duro lavoro. Nellie lo guarda da dietro una porta, amore & amore, nulla più, qualcosa fra una madre, un angelo custode e una moglie. Monk alza le dita e picchia, percuote i tasti come una vendemmia, l’arte di un raccolto, miete. I musicisti lo inseguono come metronomi in affanno, a bocca aperta, soldati in parata sotto l’ Arco di Trionfo del jazz. Nellie ha una mano sulla bocca. Ha paura che si spezzi, che finisca così, su una poltrona, comodo. Nellie non è ancora ora, Monk spezza la melodìa, tira fuori le ossa, anche le più minuscole, in un domino impazzito di note, le scaraventa nella sua barba dura, ricadono in piccole esplosioni. Bum. Ora è il sax tenore che cerca una via, accecato dai bagliori. Geme. Monk si alza. Fa un giro su se stesso. Oh, crazy man. Sembra avvicinarsi al contrabbassista. Forse gli vuol dire che no, non ci siamo, sei troppo regolare, non affondi la lama, non spezzi, non esulti. Non lo fa. Sorride. E a Nellie scende quasi una lacrima sotto quel cappello bianco. Torna allo sgabello. La bocca è aperta e gli occhi nuotano in un bianco che sa di acqua. Riprende la danza. Scherza come un bimbo. Accarezza. Non fa mai male, non può. Un inchino. Ora Monk ha terminato. Un altro inchino. Il piano giace confuso, ansima, ma non si è mai divertito tanto. Nellie lo accarezza sulle guance. Amore, andiamo, ti si è sbottonata la camicia. Andiamo, a te penserò io. New York respira lenta, Thelonious, mentre tu e Nellie vi abbracciate come ragazzini. Misterioso, misterioso Monk.

(08/08/2008)

L.

 

Chorus #73

Pubblicato: 20 aprile 2012 in chorus

Cristo, come piove. Apri la porta. Lasciami entrare. Il resto è tutto ciò che chiamiamo amore. Un interruttore nel buio. A tastoni. Nel via vai delle ore. Morte, puttana morte. Rimasugli di mani. Quel fiore di plastica reclinato sul finto Manet. Le tue calze basse attorno al fiore delle tue gambe. Un clacson, laggiù, distoglie il tuo sguardo. Ti prego, aprimi la porta. Sarò come una nuvola, invisibile, caldo, equatoriale. Fuggirò col sole, in una condensa dolorosa. Acqua nella luce rossa dei vetri. Liquido. In tutto ciò che resta, presente. Concedimi una speranza, una bocca, un frastuono che non sia pioggia, pioggia e ferro sul marmo. Aprimi e tienimi, nel caldo bianco del tuo seno. Ginocchia contro ginocchia, nella poca luce che c’è.

L.

Chorus #72

Pubblicato: 14 aprile 2012 in chorus

Solo così, con gli occhi all’insù, tenera, sotto la nevrosi del cielo. Una donna in gonna bianca che attraversa la notte col cuore in fiamme. E mani davanti ai vetri e il collo nudo arreso agli scrosci di pioggia. Tocca a me provare malinconìa. Tocca a me spiovere da quelle alte nuvole. Precipitare al suolo. Frantumarmi fra la sabbia e i tombini e l’erba gialla. Scivolare come acqua fra altr’acqua. Scomparire sotto il collare rosso dell’alba. In quelle bocche dei camini, nelle pietre rosse accese dal sole, nei rami spezzati dai venti. Tocca a me risalire la decadenza dei muri, triste spettro, nelle pieghe della calce, raggiungerti. Sorridere. Riaverti. E perderti nell’incavo dei tuoi passi, andati, andati, perduti. Silenziosi fiori.

L.

Chorus #71

Pubblicato: 13 aprile 2012 in chorus

E’ un invisibile diaframma fatto di tempo, legno e pioggia e poi ancora di anni e fiori e fumo e bambini e morte e piccoli cani che si grattano e finestre che nel buio s’aprono e sorrisi sorrisi sorrisi e panchine nel parco e filari filari filari sulle mani della terra e trucco e gentili piedi scalzi e vento e braccia stanche e la tua folla e silenzi silenzi silenzi e le curve della strada e case e supermercati e il fango delle chiese e domani domani domani e strazio e le tue scarpe da quindici euro e la vita, caspita, la vita: tutta la distanza fra il mio bacio e il tuo.

L.

Chorus #70

Pubblicato: 10 aprile 2012 in chorus

Non ricordo neanche più i nomi dei morti. Li vedo, ma non ricordo. Rimango impegnato a passare da una stanza a un’altra stanza, lasciando aperte le porte e le finestre. Ogni tanto mi siedo nel sole, mi addormento nel sole, sotto quella luce calda che arriva poco dopo il mezzogiorno. Mi distendo, allungo il mio corpo, in silenzio. E passo da una stanza a un’altra stanza. Apro cassetti, ma non ricordo. Il vento muove le tende. Mi siedo e resto. Le ombre tramano sulle gambe magre. Le ore transitano fra i gerani e le case, sotto. Di nulla m’accorgo: passo da una stanza all’altra e ti dimentico. Ma con amore.

L.

Chorus #69

Pubblicato: 8 aprile 2012 in chorus

Questa visione nell’ora del ritorno, dove la primavera ancora non soccombe alla volgarità dell’ estate. E’ schiacciato sullo sfondo l’ azzurrisimo cielo leggero e allora Città Alta appare come un transatlantico felliniano e qui sotto noi come piccoli fazzoletti bianchi sottomessi al vento pulito, chi per un addio e chi per la gioia e chi vuoto d’ emozioni. Eccola, accesa, enorme, scivolare sul mare-cielo e incagliarsi nel più morbido cerchio di prato. Ci si aspetterebbe di vederne il comandante, la prima, la seconda e la gloriosa terza classe esultare, nel clangore delle manovre e di enormi eliche. E le luci accendersi per un saluto e le nuvole spegnersi di grigio, come create da campanili-comignoli, svanire piano agli applausi.

E’ la solita vecchia storia. Guardare più in là di una strada, di un angolo di casa e alzare ancora gli occhi, sempre & per sempre.

Un trucco o un vuoto da riempire.

(03/04/2008)

L.