Archivio per Maggio, 2013

Chorus #170

Pubblicato: 18 Maggio 2013 in chorus

E’ lo sguardo che t’inganna. Quella malinconia che come una vela si gonfia sul mare sopra una disperazione di onde. Sei avvolta in gigantesche matasse di funi. Innalzata come una bandiera davanti al grugno del sole. I golfi da lontano appaiono come anse di fiumi. Tutto il promontorio è un uccello ferito. Un incendio che spezza ogni strada con un fragore d’estate. Ci sono comitive vocianti dove una volta scrosciava la pioggia. L’inverno ti ha scavata come un alveo. Sei un argenteo torrente colmo di vita. Una nebbia di cristallo nella calma domenica mattina. Scorri e taci sotto i merli antichi d’ammuffite muraglie. Le mie mani sono possenti argani nei misteriosi ganci del tuo corpo. Non hai parole e io ho poca speranza. Ti volti al nulla e le tue spalancate labbra sono due gatti nella lasciva chiesa vuota del mio immobile petto. 

L.

Chorus #169

Pubblicato: 11 Maggio 2013 in chorus

Le traiettorie sono sempre le stesse: stanze – stanze – stanze. S’incantano gli affetti soltanto – nel girovagare dei temporali. Sotto lo strozzo del lampo si passa e ripassa. E poi attorno s’allagano i giorni come un infelice mare di capovolte chiglie. Il consumato buio sgualcito dalle chiare spine delle luci ha i dorati raggi degli istanti. Le spire degli animali vigili nell’ombra. La lunga battaglia degli amori che smuove le carni fino ai sottotetti rossi degli antichi castelli. Lo stupore del ricordo che sorprende latteo come il tuo corpo liquido nelle trapassate albe. Il tuo percorso nuda nelle vie del dolore  – sollevata da ogni sguardo. Il tuo gentile ritorno nel chiarore che anticipa il sole. Il nodo delle gambe come a serrare – stretto – il cesto dell’addio. Il pugnale della tua bocca appena sotto al cuore – dolce – dolce – dolce.

L.

Chorus #168

Pubblicato: 9 Maggio 2013 in chorus

L’orizzonte è un imbuto di nuvole. Uno strazio d’aeroplani e luci. Una rena di case come ciottoli di fiume rotolati a valle. Io aspetto il tuo ritorno a casa con gli occhi spalancati di un gatto. Con quel quieto nulla che mi trapassa come uno spettro. L’onda calda dei tuoi passi sotto le foglie stanche del mio giardino. Il tuo non arrivare mai. L’ombra nera dei gradini che scivola come acqua che s’allunga sotto la frusta del vento. Il grido delle porte di vetro che s’aprono alla tua tristezza nella bella chiave dei miei occhi. E’ un sospiro la sospensione lunare della terra. Un attimo d’apnea celeste. Come un inchino al mio spaventato sguardo. Da un altro deserto si spingerà il cardo luminoso del nuovo giorno. L’eterno gioco del mai ritrovarti sfiorirà nel braciere del sole o nella desolata pigrizia di una pioggia.

L.

Chorus #167

Pubblicato: 4 Maggio 2013 in chorus

E’ tutto come estate. Solo tu stai seduta sulla sedia rossa. Amabilmente sola. Io appena guardo fuori fra gli allarmi e un cane che abbaia. Appoggio i gomiti nel buio. Ogni cosa è accaduta – la guerra è finita. Le grandi porte di legno si chiudono con un lamento. Nell’avvenire del mio commiato finalmente riposerai. L’acciaio del cancello è una bestia selvaggia. Tu appartieni alla tua tenerezza. Hai poca voglia di guardarmi. Il mio entusiasmo per le stelle non distoglie il tuo volto dalla mia piccola stanza. Le tue lunghe gambe recedono nell’ombra. I tuoi fiori di pietà colmano i miei vasi. Chiedi ancora il mio nome fra la luna e lo specchio freddo del fiume. L”insicurezza del tuo amore non ha reciso tutte le mie rose. Sei un’umana terra mentre ti alzi e io ho spaventose radici in te. Maggio ha incalcolabili addii mentre piano mi baci.

L.

Chorus #166

Pubblicato: 3 Maggio 2013 in chorus

Dev’esserci un’unica parola per descriverti. Come un tempio di molte colonne e capitelli e interstizi costruito sul mare. Qualcosa che attraversi i secoli con l’alterigia dei monti. La supponenza di un antico amore. Una parola – una solitaria carezza – l’aritmetica eco delle luci dai balconi bui. La sufficienza dei soliti muri non m’aiuta. Mi opprime il singulto del non dire. La gola secca che annaspa come affondata in torbidi universi. Ho troppa voce per questa pozza di case. Ho il mio urlo che ristagna nel petto e che m’ammala. Ti cerco come un verbo – un’esclamazione di bimbo – una spada di legno. La notte ha un dolore di tempesta. Esigo quell’alfabeto a cui attingo – le tue mani – il tuo entrare nuda nel silenzio. La tua omerica lacrima ora disperata m’affoga.

L.