E’ lo sguardo che t’inganna. Quella malinconia che come una vela si gonfia sul mare sopra una disperazione di onde. Sei avvolta in gigantesche matasse di funi. Innalzata come una bandiera davanti al grugno del sole. I golfi da lontano appaiono come anse di fiumi. Tutto il promontorio è un uccello ferito. Un incendio che spezza ogni strada con un fragore d’estate. Ci sono comitive vocianti dove una volta scrosciava la pioggia. L’inverno ti ha scavata come un alveo. Sei un argenteo torrente colmo di vita. Una nebbia di cristallo nella calma domenica mattina. Scorri e taci sotto i merli antichi d’ammuffite muraglie. Le mie mani sono possenti argani nei misteriosi ganci del tuo corpo. Non hai parole e io ho poca speranza. Ti volti al nulla e le tue spalancate labbra sono due gatti nella lasciva chiesa vuota del mio immobile petto.
L.