Archivio per luglio, 2012

Chorus #101

Pubblicato: 28 luglio 2012 in chorus

Non hai viso, hai solo fiori di lavanda al posto degli occhi. E mani grandi come querce. E gambe ferme nella terra. Cosce d’azzurro cielo di pioggia. E crinali e crinali di sentieri, gli scavi arcuati dei tuoi fianchi. Hai vetri di un verde spaventoso, madido risveglio di primavera, filtro di carne attraverso cui vedo la mia solitudine. Animali percorrono l’arenile della tua gioia. Quel fiume che incide i boschi come fosse il tuo corpo nudo a scivolare a valle. Strappi carsici e ponti in legno da sponda a sponda. Ritorni d’acqua e splendenti fontane e i salici tristi degli stagni. La lentezza della brezza è come ti muovi nell’amore. Quel fruscìo di fronde è la tua parola. Il tuo bisbiglio. Il tuo allontanarti fra le orme dell’estate. E il tuo viso è ormai perduto nelle fascine dei fiori. Solo lo spago del ricordo t’indora di luce.

L

Da Qui

Pubblicato: 27 luglio 2012 in Poesia

Da qui
il gancio della luna
suona quando
s’appende
il vento
come su una giostra
di cielo.

Sotto
la pietra
rossa
cava
e prati
scesi
prati
e spaventati alberi
e il brunito dei volti.

Da qui
tutto è immobile
nulla ha perno d’universo
delle grandi leggi naturali
non v’è traccia:

le maree non azzardano riflussi
le nuvole assistono altri cieli
le correnti si legano ai  giochi dell’aurora
i punti cardinali mutano
come fossero il tuo volto
mappa stellare
di chi è perduto
nei deserti.

Ora il gancio
ha incarnito
l’argento della luce
dentro il nero silenzio
della notte.

Stilla
stelle
come
goccia
dopo
goccia
un addio.

(Lo vedo solo io il lume
poggiarsi
sullo spezzato disordine
dei tetti?)

Da qui
è un gioco immaginarti:
ecco
fra me e quella luna
io divento vento
sul suo livido
gancio.

Ma perdo
senza un suono
(foss’anche un grido stanco)
precipitando
sulla
città
nella musica
dei fiumi
e del
poco
pianto.

L.

Charlie Mingus Blues

Pubblicato: 26 luglio 2012 in Blues

Riesco a vedere il grosso Mingus, dietro ai suoi occhiali scuri, sorridere e muovere il piede. New York esplode sopra l’onda dei sassofoni, negli esagitati ritmi delle percussioni, nello schiaffo dei contrabbassi, nell’urlo bop delle trombe. E’ giunta la tua ora New York: Times Square! Broadway! avenues! grattaciel! e fottuta Statua Della Libertà! Lo Hudson ribolle di jazz. Il rullo del tamburo sa di guerra già perduta. Il sipario è il tuo oceano che s’apre e inghiotte Rockefeller Plaza & la tua carie da World Trade Center & la tua pioggia di traverso & il tuo fumo & il tuo taxi giallo & tutta quella dannata neve & il tuo calore estivo & le tue foglie in autunno che muoiono senza voce a Brooklyn & New York! Ti canto dietro il cappello di Mingus che ride forte mentre affondi nella merda America risplendente di luce jazz.

(16/11/2010)

L.

Chorus #100

Pubblicato: 25 luglio 2012 in chorus

Si era tagliato le vene per esuberanza. Non per infelicità, per amore, per malattia. Si muoveva nel buio e si faceva saltare una vena dopo l’altra, con un taglio verticale e con uno orizzontale. Rideva e danzava. La luce era piena, il sole era alto e l’amore era il mare attraverso il quale nuotava. Il suo cane muoveva la coda e guaiva. Il suo sangue usciva come garofani accesi. Fiori rossi nel cielo azzurro. Il bel sorriso della vita. Tagliava e tagliava. La carne rossa era una bocca. Il sorriso scuro di un’arteria in faccia all’idiozia degli uomini. Un passo via l’altro nell’incredibile tepore di luglio. La morte era un tuffo di felicità. Un abbraccio da party. Lanciava i polsi nel rosa delle nuvole e l’ampio sorriso era un tutt’uno col tramonto. Abbiatevi cura delle mie ossa, sole, notte, alba, come non fa più il mondo – scrisse.

L.

Chorus #99

Pubblicato: 22 luglio 2012 in chorus

La notte è fatta per l’alba. Per vederla aggiungere luce al tuo tremare. Sentire i primi uccelli annunciare la caduta della luna mentre le tue ginocchia nude mi feriscono il petto. E’ un lungo viaggio fra una sigaretta e una coperta di lana. E’ un fare piano nel poggiare la bottiglia. Un lento armistizio di tacchi. Un frinire di cerniere. Una bocca su altra bocca. Un cercarti l’odore fra il profumo della pelle. Sentire la pioggia come un urlo di Dio mentre ti sposto i capelli dal viso. La notte è oscurità nella tua assenza. Un viaggio di Cèline, sbandato, cattivo e mortale. La notte è una campana che chiama a sè la vita. Raduna ciò che rimane di noi, nel calvario dei ricordi, nel bagliore cieco del sole. La notte mi ricorda le tue lacrime come piccole fiamme morenti. Oggi non saprei darti di più.
(06/11/2010)

L.

Chorus #98

Pubblicato: 22 luglio 2012 in chorus

E’ buia la strada dove smarrirsi. Il gioco scuro delle stanze. Lenta s’affloscia la notte sugli usci. Incerta resta allungata come fosse amore. Fa tana negli angoli. Scaccia la luce e trionfa nelle piccole ore fatte di lumache e gonne e arrivederci. Piangono i cani sotto i temporali di calore. S’agitano gli alberi fra le larghe mani del vento. Tu non ci sei. Questa casa ha fondamenta d’assenza. Quando nasce una crepa è come la luce di un lampo che resta. Trema nella mia carne come una bocca che allude. A volte rimango a contare i passi per capire le distanze. Niente più ritorna nel soffice silenzio. C’è una calma d’aria che naufraga un profumo sulla mia coperta azzurra. M’addormento sotto la catena spezzata delle stelle.
L.

Chorus #97

Pubblicato: 16 luglio 2012 in chorus

Devi aprirmi con una mano e divellere il mio cuore, per capire se davvero sono ancora vivo. Affondare con la bocca e con le dita. Una ghirlanda di vene e un bacio, a cercami la vita. Devi scostare le mie ossa come l’erba alta dei sentieri, quei rami aguzzi dei cespugli e le frane che interrompono il cammino. E gli animali rinchiusi nelle tane, nelle fosse nere della terra, t’attendono. Affonda il tuo bianco passo nel mio sangue. Transuma ogni primavera. I tratturi rosa della mia carne frolla t’indicheranno la via del ritorno. Segui il canto, il respiro chiuso nella gola mentre ti guardo. Stringi nel tuo pugno il gomitolo rosso delle arterie. E’ quello l’amore: gocce viola che non sono pioggia ma tenero pane divorato dai cani.

L.

Chorus #96

Pubblicato: 15 luglio 2012 in chorus

Non ho appartenenza alcuna. Vivo sradicato. Strappato da ogni cosa che sia carne o terra. Ti sorrido, ma il mio sorriso è già passato. Ti cerco, ma ho la consistenza dell’ombra. Ti parlo, ma è lo stesso suono dell’albero che si spezza. Ho radici nere. Lunghi vermi sotto le foglie dell’autunno. Vivo come un incendio. Divoro la stanza dove giaci. T’illumino e ti spengo. Resto nell’aria. Nel bel vento del mattino, piango. Fra le tue finestre m’attardo, prima d’aprire le mie vene al sole. Ti chiamo senza una voce. Ti guardo senza più gli occhi. Svanisco trafitto smorto sbiancato nella calura nuda di luglio. Divelto.

L.

Chorus #95

Pubblicato: 12 luglio 2012 in chorus

Ogni notte m’affaccio e cerco le ombre. Nel buio caldo guardo lo spazio bianco della luce. I colori di una girandola ferma sul terrazzo lontano. Assente di musica, calmo d’entusiasmi. Ascolto là in fondo arrivare una voce. Qualcosa che urla e arraffa un’idea. Una donna. Riconto, lo sai, le lanterne del mare. Una, due, quattro, guarda bene, laggiù. E’ un gioco solitario, immaginandoti qui. Il mare s’arrende alla montagna. Incespica una stella. S’inerpica un fuoco d’artificio in lontananza. Dipingo con le parole un quadro d’incredibile grandezza. Ogni sera ti presenti alla mia porta nuda in maniera diversa. Ogni sera t’amo come non mai. Ogni sera ti guardo addormentare e declinare in rugiada. Apro le mie braccia nella voluttà dell’assenza. Odoro i tuoi capelli. Ma sanno, ahimè, di nulla, di brace e d’estate che muore come fuoco.

(31/07/2010)

L.

Chorus #94

Pubblicato: 8 luglio 2012 in chorus

Le mie parole sono ragazzini timorosi. Non s’allontanano dai cortili, rientrano al primo buio, accarezzano gatti, aspettano la neve e la pioggia. Non hanno quei lungomare, le strade della campagna, i filari, il vento. Se ne restano, chiassose, fra i muri bianchi. Al limite torcono il collo verso il cielo, indovinano le stelle, dalle loro piccole case azzurre. A volte si chiamano, da finestra a finestra e si danno appuntamento. Osano pensare all’amore e ridono, in estate raccolgono ciò che resta del sole e scompaiono nel disordine dei gradini. Le posso vedere una ad una: spesso si voltano verso casa con l’ansia di chi non vuole tornare. Spesso zittiscono negli angoli bui, come un gioco. Ma riesco a vedere le loro magre gambe di rosa, l’insufficienza tisica dei loro nervi. Le mie parole, ragazzini timorosi, che tornano sempre a casa.

L.