Archivio per dicembre, 2019

Chorus #1199

Pubblicato: 29 dicembre 2019 in chrous

I giochi nella neve – presuppongono una certa giovinezza – il quadrato del cielo – fra i muri rossi – e dell’ora delle cinque l’incanto; – dove la terra occhieggia – calva e dura – è un altro giocare: – con l’unghia – il sole – già traccia a memoria – la sua primavera. – Dal fienile – c’è una luce nuova – che tutto il giorno chiama – e arriva bianca nel cortile – e ruota sulle arcate buie – chi per il chiostro – chi per la strada – come uno di quegli uccelli d’inverno – che sanno di solitudine e di gioia. – Ma sono la pace e il silenzio di un tempo – che paiono tremare sotto ai nostri piedi – nell’ampio letargo delle voci: – e noi due ragazzi – a sentirne il peso rovesciato – dove gennaio – ricopriva le nostre orme – a salti e risa – sul riposare vuoto del selciato.

L.

Chorus #1198

Pubblicato: 28 dicembre 2019 in chorus

Di quegli amici – ne è pieno il sangue – nero – come sgorgasse da gengive – profondamente malate – e la grande nave di marinai – abbattesse le onde – in saliscendi di sale e di acqua. – Di naufragio – non si dice – dalla terra che vediamo – l’ombra fa – sulla nuvola – il disegno bianco – del faro. – Si cita il mare – lo si fa nostro – nelle piccole bottiglie marine – gettate a ridosso dei promontori – per chi ancora – ci aspetta a casa – agli usci – di fuori. – E torna – quel sangue – figlio di scorbuto – malattia di lontananze – di solitudine – di dimenticanze. – Guarda qui – nella tempesta – con gli occhi nobili – di chi resta – osserva il sole – che divarica – da oriente – il sartiame delle nuvole:  – di quegli amici – il tuo sangue è malato – e tu alzi le vele all’ignoto – fragile mendicante di granchi – schiavo delle parole che dici.

L.

Chorus #1197

Pubblicato: 27 dicembre 2019 in chorus

Delle volte – giugno – gli ultimi giorni di giugno – (per l’esattezza) – corrono per la piazza di dicembre – come grossi topi – e squittiscono al cielo immobile – terso – che loro non vedranno più – prima di tornare ombra di ratti – fra l’immondizia abbandonata. – A volte – capita questo – improvvisamente – sopra questo ghiaccio – sopra questo niente. – A volte – torna il tuo collo boreale – nel cielo alto – a macchie di colore – a indaco – che tutto contiene – dall’aspersione del tuo riso – al mio dolore. – A volte – ancora con te – passeggio – lungo le felci del fiume – e c’è il sole caldo – sopra il tuo scialle – come un sorriso bianco – dimenticato sotto ai noci – che macchiano la valle. – Delle volte – all’improvviso – si crepa il buio – il freddo – e sono risate – e sono ancora – quelle voci – fra le vite disabitate.

L.

Chorus #1196

Pubblicato: 26 dicembre 2019 in chorus

C’è sempre un luogo – dove non stiamo; – il soggiorno – con la via di fuga nelle stanze – è abitato fin troppo – ci scorre la storia di questa casa – avanti e indietro – avanti e indietro – fino a completa dissoluzione – le pareti sono leggermente più rosa – i letti – scomparsi – i pomelli delle porte – non riflettono più la luce – la luna passa con ferocia – sopra il tavolo circolare della sala; – due o tre sedie – hanno un disincastro di tasselli – sono gentili mausolei imbottiti di stoffe. – Là in fondo – c’era il tuo volto: – la luce ha ancora l’argento – dell’ultimo Natale. – “Quando tornerò mi riconoscerai” – mi pare la tua voce ancora – nel gelo che secca – l’abisso dei canali.

L.

Chorus #1195

Pubblicato: 22 dicembre 2019 in chorus

Se il nostro corpo – è faccenda di universi – di giri stellari – luci morte – luci vive – pulviscoli e grani – quasar – pulsar – rottami – che stiamo – nella lentezza – a marcire nei muscoli – sotto la cute bianca – come secca carne di pesce surgelata – afoni in maniche di camicia – e giornali di ieri – che stiamo – sotto questa magnifica stellata – a remare – finanche con le mani – su barchette d’ossa – a tremare – a sperare – se preme la luna – nel vetro dei nostri bicchieri – a ricordarci com’era – un tempo – la vita – colma di vino – di elegantissime donne d’amare – e ora s’alza – dall’universo – un vento di morte – una lungaggine di pianeti – che ti sbalza nel cielo – dalla tua fossa – e serra tutte le porte.

L.

Chorus #1194

Pubblicato: 21 dicembre 2019 in chorus

Così poi ripassa – il mezzo che lava le strade – lo senti da lontano – ansimare come un cetaceo – sopra l’onda marina – dentro la città grufolare – maiale di ferro e tubi – mostro notturno – negli stipiti vetrosi – delle finestre chiuse. – (Natale – è un cazzo fritto – per citare  Céline – un tanto al chilo.) – Gli uomini si muovono – come soldati – e nelle sere di festa – si contano i corpi – sul selciato; – grandina – anche se il cielo è limpido – le pozze di ghiaccio – si accumulano – sui marciapiedi – il ventiquattro. – La punta nuda dei tuoi seni – scava le montagne – e tutto è freddo – tesoro – tutto è decaduto – come dopo l’atomica – il cielo. – Come dopo l’amore – lo spago del buio – il sogno.

L.

Esce in questi giorni, il mio secondo libro, “L’Arcolaio Spezzato”, edito da Le Mezzelane Casa Editrice.

Il libro nasce due anni fa, in realtà, come lavoro parallelo a “La Matematica Del Buio”, che è piaciuto molto e ne sono felice, ma ha subìto un lavoro di revisione da parte mia, che l’ha reso più snello e “circolare”. Contiene 49 poesie, “chorus”, dello stesso periodo del primo libro, e una, l’ultima, molto recente, che funge da chiusa ideale. L’arcolaio è un oggetto che ho in casa, che mio padre recuperò e restaurò, ma che nel tempo e con gli sconquassi della vita, si è rotto, spezzato, e ora giace in qualche angolo buio della casa. E’ quindi metafora di chi non c’è più, di altri tempi, lontanissimi e recenti, e anche oggetto reale che testimonia la sconfitta, la dimenticanza, l’impermanenza. Sono, in linea di massima, i temi che ho sempre trattato nei miei “chorus”, ma non mancano i riferimenti alla musica e al paesaggio che mi circonda, che per me rimangono l’unica via di fuga possibile, in una società disintegrata, orribile e inaccettabile.

Ha una prefazione di Maria Pia Dell’Omo, animatrice culturale, poetessa e molte altre cose, che ha mirabilmente lavorato all’editing de “La Matematica Del Buio”.

Per la prima volta, esce in due formati: ebook e cartaceo.

Al momento è acquistabile solo attraverso il sito della casa editrice, ma in un futuro non ancora chiaro, lo sarà anche dai principali canali di e-commerce.

Grazie in anticipo a chi vorrà farlo suo. Grazie, grazie mille.

Versione E-book

Versione cartacea

Compra su Amazon

Compra su IBS

Compra su La Feltrinelli

copertina-lArcolaioSpezzato-web.jpg

 

Chorus #1193

Pubblicato: 20 dicembre 2019 in chorus

Avere il buongusto – in questi tempi di festa – di ritrarsi nei muri diroccati – quelli lasciati a mezzo – nella campagna – umidi e neri – come grandi merli ammazzati. – Via da ogni illuminata sacrestia – da quelle gole pendenti di luci – dai labiali dei terrazzi addobbati – dall’occhio azzurro dell’ipocrisia. – Si stringe il tempo – sempre più – come un sacco d’aria – e di stelle – e di comete – serrato dal nastro di Orione – che d’occhi congelati – non ha ricordo – né di inverni – né di estati. – Che gioco rimane – nella bocca vuota – d’un amore lontano? – Lercio – ondeggia un ramo – in un lungo autunno – di foglie – di fango – e di ti amo.

L.

Chorus #1192

Pubblicato: 18 dicembre 2019 in chorus

Non fugge niente – da qui: – l’aria è calma – c’è l’antica pace – dove tu andavi a dormire – nell’ultima stanza della casa – quella più a nord – quella che d’estate – spalancavi – per avere la frescura delle colline. – Non batte più l’ora – e tu non ti volti – e non preghi – i grani dei tuoi rosari. – Certi gesti – si sfanno – come la carne. – Noi siamo – come piante da giardino – dolci nel sole – esuberanti – ma l’autunno – si fa nei rami – come una malattia di rampicanti. – Non temere – che ripassa un’ombra – ogni sera: – ha la solitudine bianca dei muri – una voce che dice e non dice – e se perseguo – i miei passi insicuri – un po’ t’incontro – di radice in radice.

L.

Chorus #1191

Pubblicato: 17 dicembre 2019 in chorus

Com’è che non torni? – Lo facevi ad ogni Natale; – d’improvviso – eccoti – fra il batticarne – e la pendola – che stava muta – nei suoi ingranaggi. – Non c’eri – in realtà – almeno per quanto – l’umana forma – ci scaraventi nei soggiorni – con le nostre tazze da tè – e i pallidi giorni. – Ma se anche non assecondi – il gioco delle braccia – e la scapola nuda – io sentivo – sotto il fumo della luce – l’attraversare tuo – della stanza- il calpestìo felice – della tua risata – i tuoi piedi magri – in una danza. – Ed ora – invece – tutto tace. – Si divarica – il tempo – e si frattura. – I lupi – invadono la casa – nelle litanie delle campane. – L’orma nella neve – non è la tua: – qualcun altro – è passato – sul limitare della strada – nel gelo aspro – delle campagne.

L.