La luce rende gialla la foschìa fra i cipressi. La sera è loro e di tutto quell’argento che nasce dalla terra. L’erba annerisce e si allunga fino alle anime morte, oltre i cancelli. Tutto ritorna campo, prato incolto e scavi fosse ferite pioggia di bombe e processioni. Preghiere e pianti. Per una sera il viale si chiude come un maglio sulle cose passate appena. La sua voce rincorre sugli asfalti abusati e riprende il suo sacro silenzio. Ogni cosa ristagna come un gambo di fiore spezzato. Nella gogna degli addii si disfà la carne. E in quel fondo di lumi s’aggira ormai una nebbia. Appena fuori, sul piazzale, volge la testa un corvo alla rossa tua bellezza.
L.