E’ facile che io viva soltanto – per ridiscendere a sera – le vuote vie del borgo; – che io so – che nel primo slargo di piazza – dove l’ombra si scura e domina – tu ci sarai – come certezza di vento – e nell’alambicco delle pietre – profumerà il tuo corpo inesistente – come la radice più selvaggia. – Di questo m’affretto – dopo aver fatto dell’arrivederci – una specie d’angoscia di sole; – di questa speranza sublime mi cibo – nel contarti al crepuscolo – gli anemoni voluttuosi dei capelli; – di stare seduti sotto la benedizione della chiesa – a raccontarci del mio e del tuo corpo – come fossimo una cosa soltanto; – un’ostia ingoiata – nel corridoio buio – della casa.
L.