Archivio per novembre, 2011

Chorus #48

Pubblicato: 26 novembre 2011 in chorus

I sogni ti gettano in lacrime nelle solitudini dei pomeriggi, sotto quell’antico sole a picco sugli orti. Nell’intimità dei sagrati s’avvicendano i ragni e i cipressi e i filari delle anime e l’immondizia degli autunni. Il risveglio in un gomitolo di fiato è un cercarsi le mani nella deriva delle nostre povere ossa. E’ un tenersi il capo nella moltiplicazione delle ore, nello scoccare della freccia del tramonto, nella lapide nera della notte. Ed è ancora sogno, lunghi tavoli di legno, argilla, ferro battuto e abbracci. Tienimi forte sotto gli uragani della Terra che nella sventura della vendemmia non ci sono più risa e giochi e ancora giorni ma incesti di rose e gramigna nei fuochi rossi delle sere di novembre. Per sempre, per sempre.

L.

Chorus #47

Pubblicato: 20 novembre 2011 in chorus

Le strade sono vene grigie pronte ad un infarto. La nebbia è pallida carne che racchiude la tua enorme, solitaria, tristezza. Il giocondo corpo della notte, grasso, con ciondoli di stelle, è al di là delle montagne. Razzìe di venti sopra al biancore fermo delle città. Il sole è la solita scura lama sospesa sulle ali del mattino. Rimane la tenerezza dei tuoi gesti. Il grido che cade nell’istante. Quel caldo fiume della tua schiena. Quel precipitare di mani. E l’assenza dei santi nel freddo arroccarsi delle pietre. Strambi, geniali cammini nei riccioli neri dei tuoi sentieri. Un’agonìa di rosa nel pudico arrendersi del tuo seno. E fuori tutto bisbiglia, sussurra, trama. E nebbia e scale e cocci d’amore nelle code dritte dei gatti. Notte, forse, e nient’altro.

L.

Chorus #46

Pubblicato: 17 novembre 2011 in chorus

Il campanile ha luci a disegnarne il profilo. E’ trasformato in una giostra nell’umidità fredda. S’arrampica al cielo, disperato. Urla nel bronzo delle campane, strepita verso Dio e nella notte si scuote in una luce volgare. Sotto sciàmano automobili, i soliti cani, baci, gente ubriaca, insegne, altre luci, altri vuoti. Si erge al cielo fra l’erba del sagrato. Resta. Muore secco in questo novembre qualsiasi. Un lungo cadavere di pietra imbalsamato dall’enorme superstizione umana. Ne vedo e ne sento l’agonìa, fra la nebbia e i platani. Il capo bianco di una stella irride la sua ridicola maschera. Perdonami, dice, nel digrignare dei cardini, l’irriverente pastrano che mi fa alto a rivaleggiare con la luna. La morte avrà fiaccole elettriche e negli occhi rimarranno illusioni di lampi, nella fuga impossibile dalle radici della terra, sarà pesante corona nei singhiozzi infiniti delle finestre.

L.

Glenn Miller’s Blues

Pubblicato: 14 novembre 2011 in Blues

Glenn Miller mi ricorda bombe, donne in abiti bianchi, fiamme, oceani., oh quella grassa orchestra stantuffo che era l’America della depressione, deserti, sale da ballo, maghi di Oz, polvere, ricordi di Buster Keaton, swing, aeroplani di morte azzurra, marinai, magnolie, oh quelle trombe con la sordina, la pioggia sul monte Rushmore, i fiumi, Greyhounds, jazz, amori in Central Park, il cuore nero delle Ford, il grande morire delle pianure, grizzlies, peanuts, bagliori di sole su Iowa City, beat, beatitudine, solitudine, neon, morte e amore e Marylin Monroe.

L.

Chorus #45

Pubblicato: 7 novembre 2011 in chorus

E’ una pioggia esausta, struccata, preda dei cani. Quasi un pianto nascosto dietro a un sorriso. C’è sempre una luce gialla nel fondo della via. Una grazia circolare che abbevera umanità e dolori. Quei ganci di fumo a cui è appeso l’orizzonte s’intravedono appena nell’amaranto dei tetti. Nemmeno le foglie s’arrendono nelle loro trincee di rami. Si chiede una notte in più al concerto degli scoli, al ferro battuto dei tombini, ai piccoli gorghi fangosi. Si cerca davvero quel po’ di grazia, quella danza d’infanzia, quel canestro d’argilla, in cui restare immaginati fra le tempeste. L’autunno ha un suono lieve, stanotte, mentre divelle la luna dal cielo.

L.

Chorus #44

Pubblicato: 5 novembre 2011 in chorus

Un aeroplano nella notte, il suono del motore dietro il paravento delle stelle. Così è la lontananza. Quella luce a intermittenza che va dal cielo alle tue piccole mani. Nella fantasìa dei venti da sud spirano alberi neri sulle colline, ci sono ritorni di voci e batticuori di ciò che non torna e spizzichi di morte d’umana forma. Resto, così, nella pioggia. Nei silenzi profondi del buio. Nello spezzarsi della carne. Agli occhi gialli dei cani lascio l’amore. Danze che non tornano più, istanti di cui non sapevamo la grande bellezza di Gennaio. Il tuo sensuale cadere sopra l’alba a coprire l’urlo del sole. I carri a frantumare le strade, a uccidere la nostra rivoluzione. Uccelli bianchi sui cornicioni delle case ci osservavano allontanarci ad ogni bacio. Nelle loro voci, stanotte, c’è un po’ di me, c’è un po’ di te.

L.

Chorus #43

Pubblicato: 1 novembre 2011 in chorus

Non siamo più esseri umani, siamo grovigli, nodi, arbusti secchi, sottobosco franato a valle. Terriccio umido per le radici del diluvio. La passione è solo un greto riarso dal sole. Non possiamo più rialzarci verso il cielo, tendere alle stelle, sostituire Dio agli universi: così, restiamo, nel ferro chiuso di un’automobile con cosce in fiamme nella lacrima di un tramonto, nella sconfitta della sera. Poca cosa, vene, vuoto e la rotaia dei nervi nella rossa pianura del sangue. Siamo svagati nelle notti in cui l’amore ci crocifigge come il chiodo di Cristo. Non siamo diversi dalla foglia, che muore e cade e urla, in silenzio, il suo stupore d’addio.

L.