Conosco quel tuo lontano venire. Quell’arco rosso sotto cui passi. E poi le mani contro altre mani nella salvezza che rechi. I segni che lasci sopra l’umida mia terra. Gli arrivederci delle sere che una dopo l’altra cadono nelle ore più stanche. M’accorgo del tuo amore scarno. Della fragilità delle tue ossa ormai cespi di viola sfiorita. Eppure sei come una gola di fiume appena crespa dal vento. La sorpresa trasparente di una pozza dove l’estate trapassa le pietre d’argento. Ogni cosa mi porti. Ogni timido accenno di distante tremore. L’imbarazzo dei cardi nelle gelate dei campi. I fuochi fatui delle colline nell’ombra fredda di gennaio. Rechi una danza e un’assenza nella disordinata chioma dei tuoi anni. La mia casa respira ad ogni tuo passo.
L.