Archivio per settembre, 2012

Chorus #113

Pubblicato: 29 settembre 2012 in chorus

La strada ha la pioggia, stasera. Pulisce l’idiozia e le scarpe. Dietro spinge la luna come una rivoltella nella tasca nascosta dei cappotti. Il suono che arriva è d’acqua sporca e grida. Come un linoleum strappato da un cane rabbioso. Come quando spingi i tuoi occhi nel buio della tromba delle scale. Una lampadina che esplode come un sole attorno alle tre di notte sui tuoi mocassini di morte. Scale-puttane-scale-solitudine. Il sordo buco di un motore che non attende la luce del semaforo. Quel bacio atteso che odora di sconfitta e futuri drammi. Poco più in là risplende Ottobre. Nelle ore che passano ne hai già il passo lento, lo sguardo e quel lungo ponte antico sulle cose. Rami nudi come il cuore.

L.

Chorus #112

Pubblicato: 15 settembre 2012 in chorus

Resta la terra come un corpo vivo aggrottato sotto i prati e le tenere colline. Gli occhi immobili dei mulini fissano il cielo nella loro ruggine bestiale. Sopra, cani neri scrutano i peschi e l’autunno che arriva. La strada è uno snodo dopo l’altro, un midollo fra un frutteto e il paese svuotato di gente. E attorno a questo gigante fatto di scoli di grandine, di buie pietraie d’erba scura, di tonfi e gole, restiamo noi, sotto una piccola luce che apre alle luci d’incanto della pianura lontana. Si precipita uno sguardo, come un sasso. E poi ancora la silenziosa notte è una veglia di grilli e di cicale. Scendiamo a valle, nel calmo battere del cuore, solitari.

L.

Chorus #111

Pubblicato: 4 settembre 2012 in chorus

Settembre ha già poca poca luce. La sera quando rincasi ha già steso la sua trama. Ti muovi con quella cauta speranza, fra le stanze. La finestra è accostata e il tempo è indifferente, snobba le tue mani e il tuo dolore. Spinge da fuori tutto il rugginoso incedere delle strade e gli alberi sono ancora verdi e si muovono assieme come raccolti in preghiera. Qualche lampo lontano sopra il blu della fiamma. E’ il cielo che cede ad altro cielo, ben più freddo e nascosto. Neppure le grida son le stesse. Hanno una pena irrisolta, una specie d’addio anche nelle risa più alte. E’ un’isterìa di buio. Un sommesso sorriso su ciò che non è più.

L.