Archivio per novembre, 2020

Chorus #1413

Pubblicato: 30 novembre 2020 in chorus

Mangiare crackers – e pensare agli occhi di mio padre che muore – un lunedì sera di gennaio. – La pazzia – è “Ornithology” di Charlie Parker – che il vinile fatica a contenere da un’altra stanza. – La luce è di una vecchia abat-jour da comodino – riadattata al soggiorno. – Fischiettare il refrain – fischiettare il refrain – come fosse la tromba di Dizzy. – Come se la sedia fosse in prima fila – al Minton’s. – Gli occhi di mio padre: – dannazione. – Questo jazz – è una band di fantasmi. – Non si vive in case – si vive in ossari.

L.

Chorus #1412

Pubblicato: 29 novembre 2020 in chorus

Che si dica a un’ora certa – diciamo prima di cena – che dunque si è vissuto – che dunque le labbra le abbiamo deposte – sulla tomba del mezzogiorno – che dunque la festa è stata santificata dai nostri corpi – che dunque nel freddo abbiamo riso e abbiamo vissuto – che dunque guardati con i capelli in ordine – il libro appena iniziato – il fuoco del camino – la gentile trasparenza sul buio – delle tende colorate – quindi – si diceva – che dunque si è vissuto – l’appendiabiti – il lampadario – la cassapanca – il tavolo della cucina – l’angelo di vetro – il carrello – e dall’altra parte della stanza – lo specchio – che più nulla riflette – se non – forse – la luce blu del fornello.

L.

Chorus #1411

Pubblicato: 28 novembre 2020 in chorus

Se solo potessi – (fuori da questa malattia laconica) – contarti i passi dell’allegria – come a sbrogliare i tuoi capelli – nel gioco dell’intimità – nello svolgere del cielo – i suoi canestri. – Se solo potessi – (lontano da questa stanza) – tentare l’attimo del tuo spogliarti – come se accovacciassi le mani – giusto sotto i tuoi seni – e lo spergiuro del sole – la slealtà della sua luce. – Nella vita che si rifà vita – di minuto in minuto – l’abside del tuo volto – benedice il mio corpo – che ha esautorato Cristo.

L.

Chorus #1410

Pubblicato: 27 novembre 2020 in chorus

Il freddo si è fatto crudo: – ormai si è tirato – un’altra volta – il sasso – dentro lo stagno gelato. – Un’altra volta – è il tuo sguardo – che va in frantumi – con le bizze del ghiaccio. – Dall’alto dell’estate – t’ha sbranato l’ombra del sole -che tramontava. – La sera della musica – non tornerà – è sepolta – e dunque – con lei se ne va – il ricamo sul tuo viso – della tristezza. – I giunchi sono secchi di brina – e vive l’alone bianco della strada: – tu dici – con la piega calda – del tuo sorriso – che c’è da vivere ancora – che c’è da vivere ancora.

L.

Chorus #1409

Pubblicato: 25 novembre 2020 in chorus

Si satura il ventre del cielo – d’un aeroplano – tanto che disarma il suo rombare – dove sotto si resta – e con poca voglia – gli occhi in alto – si gettano come pietre aguzze – esumate dalla testa – e in fondo – nel caglio del giorno – si fanno le ore come enzimi – che vinci – che dici – che ami – si fa spappolato il sentimento – e il bicchiere si svuota – senza gli amori – e gli amici – e il canto popolare delle fabbriche: – si fa di trasparenza – la scia nel sole – tutto arrossa come una volta – come d’aeroplani (tanti) in volo – per Nuova York – Istanbul – Marrakesh – e l’ombra accade semplicemente – nell’evoluzione astronomica del pianeta.

L.

Chorus #1408

Pubblicato: 23 novembre 2020 in chorus

Ho pensato a te – e al frumento ricoperto di pioggia – e all’addiaccio dei nostri sogni – e all’eleganza del tuo vestito – indossato per me – (o per te) – mentre camminavi – sotto la catena ventosa – degli alberi frondosi di settembre; – e tanta era la luce – che dai fossi stizziti di pietre – saliva alta come un fuoco – che bruciava ogni cosa: – la città era vicina – ma non pareva – nell’eleganza cauta dei gatti – nelle pozzanghere d’ombra. – Tornerà la gioia – o non tornerà: – io poco conosco – del tempo magro della pianura – del raro tempo di noi – della nuvola che incute timore al cielo. – Ho pensato a te – e questo ha sufficienza di cuore – e tutta la necessaria speranza.

L.

Chorus #1407

Pubblicato: 22 novembre 2020 in chorus

Usare gli oggetti di casa – in modo inconsueto. – Il coltello del formaggio – come punteruolo per il ghiaccio: – dall’eleganza delle cene – all’accanirsi – nel defrost del freezer. – La priorità va alla vita; – l’acume ultimo – nella luce della sera. – A chi interessa altro: – c’è lo scorbuto del silenzio – malattia emorragica da mancanze. – E la candela delle risate – (e dell’amore) – pensata oggi – esclusivamente come fonte di calore. – Passa da qui – robivecchi – e spoglia questa casa – dal disuso – dagli affetti! – Che sia spoglia la stanza – che abbia la finestra chiusa. – Che non taccia solo la morte – e che ritorni – che stia seduta nella poltrona azzurra: – in una bellissima fine d’agosto – accompagnò mia madre con dolcezza. – Spiccami il cuore – con l’unghia lunga – del più bel sogno.

L.

Chorus #1406

Pubblicato: 21 novembre 2020 in chorus

La briga dell’ora – si sfa – nella carezza. – Il germe della notte – è vinto – e noi torniamo puri – nel tramortirsi dei corpi. – Chi ha ancora coraggio – nella derisione costante – di questo tempo? – Non tocca alla poesia – ma alla bocca – sentire la vena del collo. – Non tocca alla parola – ma alle dita – scovarci dentro al buio. – Non tocca a me – ma a noi – far sì che il vino scorra – e dentro al vino – l’amore – e dentro all’amore – la radice tutta del mondo.

L.

Chorus #1405

Pubblicato: 20 novembre 2020 in chorus

S’ammucchia dell’oggi – la leccornìa della solitudine – nella prossimità della festa. – Si evince dal passo e dagli occhi – lo splendere cupo sugli alberi soli: – la linea del ponte – s’intuisce alla pianura – come una sorta di foschia più densa. – Le parole non dette – e quelle non taciute – e dall’altra parte della strada – il grano futuro – il maggio che più non aspetti. – Basta l’ora e il buio – e il primo gelido vento; – dimentica alla porta chiusa – ciò che fosti – che di piazza in piazza – la memoria si dirada – suono di campana – ligneo – ottuso – sottomesso. – Il pianto – delle finestre – tamburo.

L.

Chorus #1404

Pubblicato: 17 novembre 2020 in chorus

Se suonassi alla porta – non ti aprirebbe nessuno. – Non io – non la mia ombra – non l’uomo che non conosci. – Il tempo ha fatto balzi – da allora: – è mutata l’aria in rose – i giardini sono curati – molti se ne sono andati – e il silenzio appartiene ai bambini. – La tessitura delle case – si è rinnovata: – la vita procede – da una tempesta all’altra – da una stellata all’altra – oh, è tutto così solitario – nel bel mezzo di tutto questo! – E’ diffidente anche la luce in fondo alle stanze. – (le tue calze nere sulla tua pelle bianca) – non io – non la mia ombra – non l’uomo che disconosci.

L.