Archivio per febbraio, 2013

Chorus #147

Pubblicato: 25 febbraio 2013 in chorus

Cos’altro hai smarrito, inverno. Quali altre attese non riesci a soddisfare. Il tuo giovane volto muore sotto la nuova foglia. Il cielo è una trina di rami. Un artificio la vita che muta sta nelle case. Pare che ogni cosa sia in ascolto. La folla così come il gatto solitario. Le strette scale che trovasti sui laghi già sul finire di ottobre. Le panchine. Il rincorrere grazioso di una girandola. Non è con ghirlande di neve che m’abbagli. Sei trafitto dal sole. Portato in trionfo dagli uccelli. Fra poco s’apriranno le conchiglie degli amori. Cos’altro puoi fare. Il tuo ardore è già nebbia e follìa. La tua ritirata riempie gli scoli d’acqua. Svuota di ghiaccio l’angusta speranza. Fa delle mani, fiumi. Fa dell’uomo terra fiorita e assolato sepolcro.

L.

Chorus #146

Pubblicato: 24 febbraio 2013 in chorus

E’ solo neve su altra neve. E’ inutile cercarti. Farsi largo fra le ore e le labbra. Fra i mazzi di fiori e i pianti. Nella nera processione fra l’acqua fresca dei campi. E’ un peso, il tempo. Perpetuo i passi nei viali bianchi della campagna. Mi sollevo piano sopra il silenzio dei volti. Nei lumi radi che resistono al vento. Un taglio netto sull’amore che rimaneva. Il distacco di una curva nella malinconìa di una strada. Un bagliore fioco nella tenerezza della primavera. Una voce che ricordo appena. Il turbine muto di quei giorni. Aprile s’avventava come bestia sulle incaute ossa di chi restava. Ti lascio allo sguardo di una chiesa. Ai grigi angeli di pietra. A quelle bianche mani che non hanno più affanno. E’ solo neve su altra neve. Qui, tutti noi attendiamo un’altra primavera, Vittoria.

L.

Chorus #145

Pubblicato: 22 febbraio 2013 in chorus

Sono ritornato. Ai luoghi della neve. Ai tuoi pettirossi. Alla vecchia santità dell’argilla. Ho appena riaperto casa dopo un orribile viaggio. Cedo alle ferite del mio corpo. Nello scavo rosso del tuo abbraccio m’abbandono. Faccio tana nella pietraia grigia del tuo addìo. Nella eco acuta del nibbio s’allenta la presa del giorno. Sono tornato, sono tornato. Eppure i silenzi hanno altitudini di notti. Onde e onde di tenebra a flagellare il cielo. Amare luci s’incagliano dove più non v’è acqua e agio. La montagna non frange il sale bianco del tuo mare. Alle tue mani rosa son tornato. Alla casa vuota chiedo quindi un vago fumo. Come un acre accenno di primavera.

L.

Chorus #144

Pubblicato: 14 febbraio 2013 in chorus

Salgo al mio rifugio. Attorno un incendio di neve. Poltrisce il cielo sopra nella pigra nenia del buio. Ogni respiro potrebbe stare in una sola mano. S’incurva in una sfera di beatitudine. Un tremore bianco ferito a valle dalle luci. La pesantezza dei rami stanchi di neve come braccia d’uomo alla vita. Il ricordo m’è accanto come un cane fedele. Il fiume è ghiaccio lunare. Il passo è silenzioso sopra il sonno dei prati. E’ un’orma – la strada. Nulla più m’appartiene – nulla più cerco. Di questo calmo canto m’adombro e scompaio. Tutto pervade – l’infermità quotidiana e l’ultima vampa dell’inverno.

L.

Chorus #143

Pubblicato: 9 febbraio 2013 in chorus

Non posso raggiungerti da una stanza. Posso arrogarmi di parole che ti vestano, di una tunica di vento nella solitudine del buio, di case vuote in cui amarti. Ma non ci sono mani in questa debole luce. L’universo tutto ripiega come una foglia che cade alla terra. Questa città è un camposanto d’illusioni. Un corteo silente che dal mio uscio s’avvita per la campagna. Il tuo ricordo s’imbarazza di gatti. Di comignoli e fumo. Svanisce la clavicola dolce sotto la bocca delle ore. L’alba è un macellaio che ti trascina su un gancio d’oro. Non posso che rinchiudermi nelle vene del tuo collo. Piombare nel tuo sangue scuro come pioggia. Non posso che ascoltare il gozzo delle grondaie nelle notti a venire.    Dal mio letto l’ora s’attarda. Declino la mia debolezza come un tarlo laborioso nel legno del tuo corpo. Ti scavo infine di abbandono e d’addio. Di te mi nutro e muoio.

L.

Chorus #142

Pubblicato: 4 febbraio 2013 in chorus

Le poche nuvole a sera sono rossi pesci eviscerati sopra il caldo marmo del tramonto e attorno all’imponente torace del cielo erompe il buio trafiggendo ogni luce come spada. Così si sanguina. Così l’immaginazione ha il suo volo delicato e mortale. Calmo lo sguardo si posa sui labirinti dei prati. L’ora è perfetta per raccogliere a sè le sofferenze cadute. Un mesto trebbiare di mani. La paziente concia del giorno ha la sua ampia aia. Altrove scendono le voci dall’alta città. Chi chiama alla primavera, chi all’estate. Ovunque lascio solchi e granaglie. L’impeto del momento t’inventa. L’occhio ha uno spasimo come nel piacere. Negli attimi sei il grano che ho seminato, quel miracolo di natura che ha radici di pioggia. Il frutto che svello nella luce che muore. Colei che trapianto in un campo di luminose stelle.

L.

Chorus #141

Pubblicato: 2 febbraio 2013 in chorus

La tua bellezza mi fa triste. La corolla gravida del tuo seno negli istanti muti. Le tue mani. L’elisione di ogni stella nascosta dal tuo volto. Quelle larghe finestre che ti han visto passare. Le isole lontane che immobili stanno nella violenza dei venti. La piccola casa in legno dove hai bussato è ormai incendio. La fiamma svapora le nubi all’orizzonte. Calma gli uccelli in un panico di morte. La tua bellezza è il granito della mia stanza. La pietra su pietra del mio rifugio. La tomba del mio silenzio. La tua schiena nuda è chiave spezzata di fredda primavera. Una eco perduta la parola amore. Laggiù navigano relitti. Nella cala del tuo sguardo scendo ogni giorno. Mi assolvo sull’altare delle tue nude gambe. La tua bellezza è una città colma di pioggia.

L.