Archivio per agosto, 2012

Chrous #110

Pubblicato: 28 agosto 2012 in chorus

Ho malinconìa delle cose a venire, se mai verranno. Già m’immagino gli autunni. Le fredde sere di novembre. Ora che l’estate è una mezza finestra aperta su un cielo terso, ora che la luna giace fredda sul marmo della notte. Ho come una felicità trattenuta, che muore in gola, ricordando il futuro che ci aspetta. Quel divenire delle cose, quel cambiamento che muta i nostri sguardi mentre ci avviciniamo a ottobre. Quella tua voce distante. Tutte quelle scale in settembre. Quei viali, quelle strade che divampano. Ho uno sguardo che sa di cose già viste, occhi dentro altri occhi. Ho davvero ricordi di un’assenza di te nella futura neve che cade, che cade.

L.

Chorus #109

Pubblicato: 23 agosto 2012 in chorus

Devo bere, dissetarmi. Nella casa silenziosa – il tamburellare delle gocce – nel meccanismo lucido dei rubinetti. M’agito nella densità dell’estate. Il bianco curvo delle tue nude spalle che spingono a chiudere le tue braccia come fossero alberi abbattuti nel sottobosco scuro della tua lontana passione. Ecco, mi disseto alla fonte della tua malinconica pelle. Volgo il cristallo del mio bicchiere alla tua bocca amara. Grappolo rosso sopra il vitigno tignoso della tua schiena. Ho già richiami di vendemmia in questa notte calda come un ventre. M’aggiro armato d’Autunno – sotto la luce di un’unica stella.

L.

Chorus #108

Pubblicato: 19 agosto 2012 in chorus

Mi calo nella notte come una luna a cui si è spezzato il gioco della gravità. Un tonfo scuro nei miei pensieri più profondi e gravi. L’estate si tende ancora sulle opposte rive, come un velo calmo sopra un magro corpo di malattia. Pare che siamo rimasti solo noi due. Ci chiamiamo da lontano: piccole barche illuminate sull’acqua. Ti grido e non m’ascolti. Muovo le vele nel vento stanco. Alzo lo sguardo per vederti nelle poche luci bianche dei riflessi. Scompari così come t’ho vista. Allungata sull’acqua nera come in un giorno d’amore. Diventi isola. Un covo di reti da pesca abusate di pesci. Ti navigo attorno e sei coperta d’alberi e vento. Getto l’àncora nel silenzio delle tue gole  – e aspetto.

L.

Ornette Coleman Blues

Pubblicato: 16 agosto 2012 in Blues

Ci s’incammina per la solita strada. Esce del jazz dai locali. Ornette Coleman che fa a pezzi tutto il tuo amore. Piega gli ombrelli nella pioggia, ridendo come un matto. Dietro di lui una banda di hipsters fa roteare il ritmo nelle cantine del Greenwich. Non si può che fermarsi ad ascoltare, nel fumare denso della notte. Contrabbassi come treni a vapore. Il tuo braccio sotto quello di lei. Vetri appannati. Esplosioni di ritmo. Strade ricolme di nevrosi. I tuoi lunghi capelli neri, bagnati. Labbra e sassofoni. La strada eccitata di luce. Si gira l’angolo ed è solo oceano, free jazz e la tua piccola mano. Si muore, piano piano, ogni maledetto sabato sera. Il fiume, nero, dritto verso l’Inferno.

(05/03/2011)

L.

Chorus #107

Pubblicato: 13 agosto 2012 in chorus

Due giganti che si osservano. Uno, forse, più alto dell’altro. Tutti e due col vestito dei generali, le mostrine e il carico della pena. Entrambi fissi nella terra nella loro livrea in pietra e bronzo. Sotto, un lago di case. Nessuno osa. Il vento notturno ne smuove le cento medaglie. La fisionomìa cambia, scompare e ritorna. Le persone sotto sono pesci azzurri, spaventati e soli. La speranza è affidata al cielo, passato da nuvola a nuvola dalle loro sciabole antiche. Ma restano, nessun segnale d’assalto. Si dice che ci sia solo pace nel suono a distesa dei campanili. Sembra che l’acqua del lago si calmi. Stasera quella loro luce è cupa e solenne. L’attacco verrà sferrato stanotte. Soccomberò alle loro lame nei miei sogni d’amore. Ucciso dall’assenza di Dio.

L.

Chorus #106

Pubblicato: 12 agosto 2012 in chorus

Per quanto scriverò ancora di te? Per quanto, ogni strada, a distanza di anni e d’alberi abbattuti, mi ricorderà il tuo venire? Per quanto resterò ad osservare la città che muore. Il sollevarsi del sole e l’impietosa luce dei tramonti. Per quanto, ancora, costruirò col tuo ricordo primavere in dicembre? E’ un imbocco, un abbrivio decadente, ogni tuo gesto. Ogni tua lacrima nel buio è una luce sull’assenza, è il cercare le tue braccia, fra le onde. Lo vedi. Sei cibo e acqua in abbondanza, nel mio errare fra deserti e tempeste. Lo strazio, improvviso, di una morte e la segreta bellezza delle tue labbra in Aprile.

 
(17/02/2011)

L.

Chorus #105

Pubblicato: 11 agosto 2012 in chorus

E’ un gioco spezzarti come un’onda. Frangerti come una vecchia nave stanca che t’attraversa. Fare schiuma di te sopra il nero dell’abisso e tutto questo cielo calmo che si schiude al sole, sopra. Far caccia delle tue mani ormai valve sperse sulla sabbia calda. Ritrovarti come un tronco di sale naufragato nella notte. E grida, urla, campane. Tutte queste città che scivolano a valle con i loro rancori e i loro cuccioli. Inventarti bianca nelle ronde dei gabbiani. Far di te un gorgo che m’inghiotte. Spezzare il mio timone, disalberare le mie vele, ammutinare i miei occhi. E’ un golfo eroso dagli addii, questa povera terra.

L.

Chorus #104

Pubblicato: 9 agosto 2012 in chorus

Una cosa breve. Quello spazio triangolare fra il tuo collo e la tua spalla e l’osso lungo della clavicola. Quel gentile lago di montagna che riversa acqua sui tuoi seni. Quella pozza nera all’ombra dei tuoi sorrisi. Sotto l’incavo del mento dove la morbida gola si tace e nasce nudo il tuo corpo, sotto. Quel ribattere sangue come un fabbro sull’incudine ferroso del tuo scheletro. Tutto questo è stato un attimo. Una cosa breve. Una svista. Un tuffo da un vecchio pontile di legno e d’amore. Uno sguazzo nelle ore qualunqui. Un piccolo gioco. L’ansia delle dita nel calcolare la distanza da dirupo a dirupo nella mappatura ossessiva del tuo corpo. Un rapido gesto, una cosa breve. Tutto torna come prima, nuvoloso e soffocante come la notte più scura.

L.

Chrous #103

Pubblicato: 4 agosto 2012 in chorus

Io e te, insetto, siamo cose stanche. Tu ti trascini sulla fòrmica bianca con speranza di clemenza. Io resto nel buio e affido a quel poco di luce, la clemenza e il perdono. Io e te non abbiamo che lo stesso cielo e la stessa spaurita distanza  dalla vita. Frulli le ali solo per cadere un poco più in là, fra il cestino di vimini e il finire del tavolo. Per me lo spazio sono i tetti, i comignoli e questo strano orizzonte. Siamo raccolti stasera sulla stessa mano. Siamo incongrui insetti nella petulanza di agosto. Dipendiamo da un gesto. Da uno scatto di nervi. Da un’attesa chi d’amore e chi di un fiore. Io e te nella lenta consunzione delle ore.

L.

Chorus #102

Pubblicato: 2 agosto 2012 in chorus

In Agosto ricordo una stanza. Il sole l’attraversava a fatica, morendo sul pavimento in strisce di luce. Provava e riprovava, ogni giorno, solo per cedere all’ombra. Un divano contro la parete. Un mobile, forse, dirimpetto. Una porta a vetri, sempre aperta. Un terrazzo da cui affacciarsi a guardare una strada spesso vuota. Piedi nudi e silenziosi nella casa. Un lungo corridoio. Tende. Ma io ricordo, certo, quella stanza. Mi sembra ora così grande. Così vuota. Così solitaria con quel pavimento pesante e antico. Un orologio batteva le ore. Io forse sognavo, di calciatori, amori, vita futura. Scorrevo le dita dove la luce tremava nell’avanzare dei pomeriggi. Ogni cosa era viva, in attesa. Ogni affetto aveva promesse e piccole caramelle celesti e rosse e gialle. Rotonde. E sento ancora il tepore dolce delle tre del pomeriggio. Poche voci e un’automobile rossa ferma, indolente, al semaforo. E forse, nubi, piccole nubi bianche, una sopra l’altra.

L.