Archivio per gennaio, 2013

Chorus #140

Pubblicato: 27 gennaio 2013 in chorus

Il ricordo mi estenua. L’arrossarsi fra la neve, la scheggia del legno, i volti. Ricordare è una fragilità delle ossa. Un’osteoporosi dei sentimenti. Una necrosi del sangue. Una fiamma in un campo di battaglia. La fatica del reale che si spegne come una campana a tarda ora. Un ritorno alle case per i consueti gesti. Un buco nell’amore suturato dal tuo sguardo. Oh, tutto quel peso dei finiti giorni. Tutti quei temporali, quei prati morbidi sotto il calore delle mani. E’ ormai un gioco con l’illusione, attraverso il gelo delle porte. Uno sfinimento di gesti come a nutrire animali. Un pasto tardo nel tuo vestito per la pioggia. Un corpo che tende alla polvere invece che al sole. Una folla nel buio che ama la tua stanchezza. Un urlo come di sirena prima della caduta. Un lungo sonno.

L.

Chorus #139

Pubblicato: 27 gennaio 2013 in chorus

Ogni luce è stata spenta. La tenebra lacera i giardini. Ogni lama di buio s’abbatte e recide. Un’invasione d’ombra nei silenzi dei gradini. Non capisco più il tuo corpo nudo. Quella pietà raccolta in un arco di tenera solitudine. Quella povera marcia nel fango degli amori. E poi quel canto appena dopo la luce del giorno. Quello svegliarsi in una confusione di capelli e di mani. L’abbrivio all’addio. La luminescenza della tua bocca. Il saluto. Perdonami: non scendi le scale, stanotte, ma ti estingui. Sfumi nell’alba come una foschìa. Qualcosa di mai esistito. Un’esile speranza nell’arata campagna povera di pioggia. Te ne vai come qualcosa di silvestre. Attorno ho quell’arancio di lumi. Quei cimiteri di silenzi. Quel profondo grido che spacca la terra al tuo passaggio.

L.

Chorus #138

Pubblicato: 24 gennaio 2013 in chorus

Succederà tutto all’improvviso. Ci sarà una caduta. Un tonfo nel buio. Come un frutto attraversato dagli insetti da parte a parte. Un ginocchio e poi l’altro sulla terra che era amore. Un fiato che s’incanta al grido e senza un suono raccoglie ogni cosa cupa e distante. Le ore saranno calme come fiumi di pianura che attorno spargono stagni e rivoli e grida di bambini in luride pozze. O altrimenti deposto in sorte di vento sui fianchi dei monti sopra le larghe spine dei frutteti. Adagiato su una coltre. Un sudario di luminosa carità. Eppure sarà un fracasso di cose cadute – lo sento – un attimo d’abisso. Le luci zitte delle case. Un cane. Il silenzio, poi, sarà colmo di rose. Infine – lassù – il sole.

L.

Chorus #137

Pubblicato: 13 gennaio 2013 in chorus

Il ricordo s’è fuso come un bronzo. Un fiore rugginoso nel livore della pioggia. Qualcosa su cui si posano i colombi fuggiti ai cimiteri. E’ un manto di pietra pesante che ormai non schivi. Un vortice d’ali mentre appena sorge il sole. Una nebbia nei morti viali. S’allarga come fumo il chiaro giorno sopra i campi. La linea grave della tua schiena non è più. E’ tramutata in statua spezzata al cielo. Fredda corazza svuotata di carne. Le risa, le voci, gli abbracci. Ognuno cospira come uno snodo. Ogni promessa ingrassa i giardini. Il verme s’arrota attorno al tuo cuore. Neppure quegli occhi emettono un suono. Spezzati gusci d’uccelli caduti alla terra. Vuoto di vita quel tempo si chiude. Sutura e divide il mio sangue dal tuo in una nube d’uccelli feriti.

L.

Chorus #136

Pubblicato: 13 gennaio 2013 in chorus

Dammi quel candore. Appena quel chiarore fra le tende. Uno spiraglio. Fai come fosse una luce in cima a una scala. Un grido bianco del ventre. Lasciami questo buio, questo scuro, nero silenzio. Lo domo col sonno. L’estinguo coi sogni. Ne faccio raccolto nell’eterna mia semina. Ne traggo fila e fila d’alberi nelle mie lunghe primavere. Concedimi quella vaga fiamma. Sotto i coppi e il legno e il rame delle livide campane. Attorno io m’avvolgo alle voci di fuori. Chi canta, chi ritorna, chi disincanta lo sguardo. Chi passa e ripassa sotto le tremende arcate. Io piuttosto rimango. T’attendo. Lascio appena socchiusa una porta. Sospesa nella notte, la luna. Entra calma ogni svista di colore. Non un tuo passo, non un tuo venire come improvviso animale. Non c’è un solo grido d’amore fra i denti bianchi delle stelle. Tace ogni cosa.

L.

Chorus #135

Pubblicato: 11 gennaio 2013 in chorus

Il caos della luce. Lo ricordo in ogni stanza. Il defluire di quell’acqua scura da una porta ad altra porta. E tutto quel freddo, quel crepitìo del legno sotto il lavoro paziente dei tarli. La consunzione tua e del giorno nell’apogeo del tuo pianto. L’incontro definitivo in pochi metri quadri. La stanchezza delle gambe e delle mani. Il corpo che chiede al tempo altro tempo. L’assenza, poi, raccolta nel buio come in un’antica mano di marmo. E tutto quel bianco, quell’accecante nulla, quel groviglio di occhi come d’affogato. Nessuna tenerezza allora. Fu un morire doloroso. Uno scavare con le unghie nella frana della vita. Da qualche parte infuriava gennaio, un bacio o un mugolìo di cane. Accade tutto come dietro un ventaglio. La bocca si ferma improvvisa e ogni luce s’accende come se fosse un sole. Ma l’alba è ancora lontana nella solitudine della stanza. Ogni cosa è risolta. Marziale e muta.

L.

Chorus #134

Pubblicato: 5 gennaio 2013 in chorus

Così solitarie queste strade, inchiodate dalle luci fin dentro le ossa delle case. La tua assenza è fatta solo di lunghe gambe nella meraviglia calda della notte. Una piega di carne giocosa nell’improbabile amore che porti. Resto qui come un granchio, un deforme, un relitto di legno salato nell’accatastarsi delle ore. Mi muovo in silenzio. Accuso il buio di ogni efferato omicidio. Di ogni idea che contempli fiori e baci e morbidi abbandoni e parole. Tutto quel cerchio  d’ossigeno che si è perso nell’azzurro del tempo. E’ un’asfissìa che a poco a poco ricolma  ogni angolo buio del tuo corpo. Ti secca. Ti svanisce. Ti strozza come un’ansa. Ti denuda come un fiume che tracima. Ti spoglia di sponde. Ti rende uguale alla terra che calpesto. Ti fa sola, nuda e calma come qualcosa che attende nella stanza accanto.

L.

Chorus #133

Pubblicato: 1 gennaio 2013 in chorus

Tutta quell’architettura dell’amore, in posa. Quello scavo nero nella tua preziosa bellezza. Le urla costanti del tuo cuore. Attorno i prati incolti dilagano. Si fermano alla pioggia sotto i nidi della terra muta e fradicia. L’aspersione del cielo in una notte di gennaio. E’ come andato, il ricordo. Ha l’anima rosa di una fontana nei tramonti di luglio. Non c’è neppure quella luce di caviglia che muore negli spazi. La ricordo bene sospesa sui selciati, indifferente al tempo e alle strade. Quell’amore che trafigge poi il sogno come un grido. Una disperazione. Un malumore di ossa. Svelto un camminare, quei passi, nelle luci dei caffè. Sei una nave che avanza in un fiume denso di stelle. Affondo la mano nel nulla, nella bocca rossa del tuo sangue. La alzo al sole che nasce e mi disperdo.

L.